Recensione su Le donne della mia vita

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Le donne della mia vita
Regia:

Mike Mills, abile narratore / 21 Maggio 2018 in Le donne della mia vita

(Sette stelline e mezza)

Di Mike Mills avevo già apprezzato tanto il film precedente, Beginners (2010). Qui, il regista statunitense, candidato agli Oscar 2018 per la sceneggiatura originale, conferma la sua propensione alla rappresentazione dei nuclei famigliari esplosi e delle relazioni tra figli e genitori.
In questo senso, non mi sono stupita di trovare nel cast Greta Gerwig, assidua frequentatrice di questo tipo di copioni, tanto da farne anche il soggetto del suo esordio alla regia, Lady Bird (2017).

Il film di Mills è un ritratto luminoso e affettuoso di personaggi imperfetti, in continua crescita ed evoluzione.
A mio parere, il più interessante (o, perlomeno, quello che mi ha interessata di più) è quello di Dorothea (un’eccellente Annette Bening), una donna che ha attraversato il Novecento, vivendone in prima persona alcuni dei momenti più salienti. Dorothea tenta di comprendere progressivamente il mondo in cui vive, ma, alla fine, ama sentirsi rassicurata dalle “tradizioni”.
Intorno a lei e al figlio Jamie (uno sconosciuto ma interessante Lucas Jade Zumann che, fisicamente, mi ha ricordato molto una star del momento, Timothée Chalamet), ruotano giovani donne alla ricerca di un’identità (la Gerwig e una sempre convincente Elle Fanning che, qui, sembra uscita da un remake de Il giardino delle vergini suicide) e un uomo (adeguatissimo Billy Crudup) in cerca del proprio baricentro.
Tutti emergono da un contesto, l’America del boom, del sogno post-bellico e post-kennedyano, e si ritrovano a vivere in un mondo dal profilo incerto, che cambia così velocemente e che impone adeguamenti tali da lasciarli traballanti e incerti sul da farsi, impegnati a trovare a tentoni la felicità (Chiedersi se si è felici è il primo passo verso la depressione, pontifica Dorothea).

Bella fotografia, bella colonna sonora. Mai passato nelle sale italiane, da recuperare.

Nota: ecco un altro titolo italiano capace di modificare radicalmente il significato di quello originale. In questo caso, il titolo di partenza è 20th Century Women e, dal film, emerge chiaro perché. Le protagoniste femminili, infatti, rappresentano alcune delle tante sfaccettature caratteriali e attitudinali delle donne, rappresentate in un momento particolare della storia sociale dell’ultimo secolo. Il titolo italiano, invece, si concentra su uno dei personaggi (che, peraltro, non è il vero protagonista della storia), un adolescente maschio.
Questa mania di spostare forzatamente il focus del film da una prospettiva all’altra… Mah.

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