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La parola ai giurati

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11 Giugno 2023 in La parola ai giurati

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Interamente ambientato in una stanza, 12 uomini che discutono.
Eppure è un film appassionante, che tiene attaccati allo schermo dall’inizio alla fine.
Grande sceneggiatura, grande regia, grandi attori, è sicuramente un capolavoro, per la perfetta messa in scena delle dinamiche di gruppo, i personaggi ben caratterizzati ognuno con la propria personalità, il ritmo narrativo perfetto.
L’unica cosa che non mi ha convinto è il crollo emotivo dell’ultimo giurato.

Secondo me, comunque, il tizio era colpevole.
Inoltre, sarebbe stato divertente se alla fine, quando anche l’ultimo lo dichiara innocente, Henry Fonda avesse detto che aveva cambiato idea e che lo trovava colpevole, sarebbe stato buffo vedere la reazione degli altri.

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L’esordio / 13 Aprile 2020 in La parola ai giurati

Il primo film di Lumet è un vero e proprio gioiello (e capolavoro) anni 50. Una bellissima storia soprattutto grazie a dei personaggi (interpretati da un cast formidabile) che ne fanno da contorno. Ognuno di loro ha un suo carattere e nel corso del film Lumet lo mette a fuoco grazie a delle conversazioni, delle battute ed anche dei litigi. Grazie a questo vengono fuori sia pregi che difetti di ciascun giurato ed anche quelli del mondo che li circonda (es. il razzismo).
Ambientato tutto in una stanza (a parte la scena iniziale e quella finale), questo film procede con un ritmo di minuto in minuto sempre più alto fino ad arrivare ad un finale che per lo spettatore è una missione compiuta.
Da vedere e rivedere!!!

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Il ragionevole dubbio / 22 Febbraio 2016 in La parola ai giurati

Ecco il caso in cui in un film tutto gira al ritmo giusto, come un concerto perfetto.
L’idea teatrale di base è stuzzicante. Dodici giurati bianchi devono decidere su un caso di omicidio apparentemente chiaro imputato a un giovane di colore, uno di loro si oppone al facile verdetto di colpevolezza per un ‘ragionevole dubbio’ e inizia un serrato, estenuante dibattito.
La sceneggiatura è intessuta con arguzia; non è facile creare suspense in novanta minuti di dialoghi in un ambiente chiuso e alcuni semplici dettagli come il caldo soffocante, un ventilatore che non ci accende, lo scrosciare di un temporale estivo, l’incedere della luce serale rendono tutto estremamente magnetico.
La regia è minuta e preziosa, sposata a una fotografia che sublima un magnifico bianco e nero (Boris Kaufman); restano impressi i primi piani imperlati di sudore, così come i dettagli più banali dai portacenere ai pacchetti di sigarette riversi sul tavolo, giacche, appendini, fazzoletti, cravatte.
Le interpretazioni sono tasselli di un mosaico armonioso. Ogni attore ha a disposizione un minutaggio relativamente breve e deve intagliarsi la sua performance tra altre undici. Notevoli le prove di Henry Fonda e Lee J. Cobb, ma qui non si può davvero parlare di primattori e gregari.
Last but not least, negli anni cinquanta in USA credere che i neri fossero “predisposti al crimine” non appariva così scandaloso come grazie al cielo appare oggi. Il giurato imprenditore interpretato dall’ottimo Ed Begley esprime questa visione cinica e razzista; il suo sfogo ignorante viene esecrato in una sequenza memorabile, nella quale tutti gli altri giurati progressivamente abbandonano silenziosamente il tavolo. Lui stesso, rimasto solo nel suo livore, si auto isola e come uno scolaro con le orecchie d’asino si mette, affranto e imbronciato, in un banchetto a margine di campo.

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8,5 / 16 Settembre 2014 in La parola ai giurati

Film di vecchia data che ci hanno affibbiato all’università, tutti convinti che fosse una palla assurda, in realtà prende molto nonostante la scenografia non cambi mai nel corso di tutto il film, attori veramente bravissimi, molto molto consigliato a chi non l’ha mai visto

23 Gennaio 2014 in La parola ai giurati

In pratica è un “manuale” di 96 minuti su come si debba scrivere, girare ed interpretare un film drammatico / giudiziario.
Il film ha un incipit quanto mai particolare: invece di mostrarci il processo per omicidio, il film si apre a procedimento quasi concluso, con il giudice che parla con la giuria, oramai prossima a ritirarsi per la decisione, sottolineando la delicatezza e l’importanza del compito assunto.
A questo punto la giuria si ritira nella sua stanza…e il film non “uscirà” mai da quell’ambiente.
Se questo può sembrare un elemento a sfavore del film, in verità è parte della sua forza. E già, perchè in un’ora e mezza il film, a tema giudiziario e ambientato in unica stanza, non annoia neanche per un secondo.
Il fulcro del film è dunque il dibattito che si crea all’interno della giuria per l’emissione del verdetto, che ruoterà intorno all’analisi dei fatti e al concetto di colpevolezza oltre ogni ragionevole dubbio, che viene sviscerato e affrontato sotto diversi punti di vista, tanti quanti sono i diversi tipi umani che ci vengono mostrati attraverso i vari giurati. Eh sì, perchè ogni giurato (sono 12…il titolo americano, infatti, molto più efficacemente recita “12 Angry men”) ha una sua spiccata personalità e delle sue peculiarità, oltre ad un diverso background socio – culturale, e questo rende il dibattito quanto mai animato ed interessante, rendendoci partecipi del punto di vista di uno piuttosto che dell’altro e, dunque, fortemente contrari al modo di ragionare di qualcuno. Sarà interessante anche notare le dinamiche dell’emersione di diversi leader all’interno del gruppo, fenomeno connaturato alle aggregazioni sociali, anche se precarie e temporanee. Tutto questo permette allo spettatore di sentirsi come catapultato su una di quelle scomode (sia fisicamente che per quello che rappresentano) sedie, in quella stanza angusta e carica di tensione, a dover decidere della vita di un ragazzo, combattendo contro la superficialità altrui e la fretta di chi mira solo a scaricare l’incombenza percorrendo la strada più facile.
La domanda è: qual’è la soglia di certezza necessaria a condannare un individuo per omicidio?
E’ un quesito interessantissimo che, credetemi, è affrontato in modo dinamico e coinvolgente, con dei dialoghi che sembrano scritti da un letterato giocatore di tennis per quanto sono ritmati con continui botta e risposta e cambi di campo e di “punteggio”.
Insomma, un film da vedere, già solo per capire cosa voglia dire prendere 12 attori (peraltro abbastanza sconosciuti, a parte Henry Fonda e un altro paio di media fama), metterli dentro una stanza e creare un’opera d’arte allo stato puro solo facendoli interagire tra loro in modo coinvolgente, intelligente e mai banale.

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4 Luglio 2013 in La parola ai giurati

12 giurati devono decidere le sorti di un ragazzo accusato di aver ucciso il padre.
Pare che la condanna sia praticamente schiacciante ma uno di essi (Herry Fonda) non ne è poi così convinto.
Uno di quei classici film che scorre talmente bene che non ti accorgi del tempo che passa.
E questo è soltanto un merito.
Bello.
Ad maiora!

2 Marzo 2013 in La parola ai giurati

Unità di tempo, di luogo e d’azione: il primo Lumet è pura teoria aristotelica applicata al cinema, con grandi risultati.
Un impianto teatrale al servizio di ottimi interpreti, con un gigantesco Henry Fonda che, come non mai, ricorda un padre della patria: un viso, il suo, che potrebbe essere stampato su una banconota verde.
Nello zelo del suo personaggio, nella sua onestà e nella sua rettitudine, non manca certo un sotteso e retorico inno alla democraticità statunitense: la scena conclusiva, in questo senso, è esaustiva. Scale del tribunale, musica trionfalmente composta e Fonda che, minuscolo rispetto alle colonne del severo edificio, si allontana dopo aver compiuto il suo faticoso dovere: più stelle e strisce di così… Detto ciò, nulla va tolto ai meriti cinematografici di questa pregevole messinscena, in cui l’uso delle luci e del bianco e nero esaltano il senso di claustrofobia della narrazione, scandagliando con sapienza (e con qualche stereotipo di troppo) i “generi umani” ben rappresentati dagli uomini che compongono la giuria.

Tempo fa, all’interno di una raccolta di scritti gialli, lessi un racconto di Vincent Starrett che si intitolava L’undicesimo giurato: è praticamente identico alla trama di questo film, però, in Rete, non ho trovato alcun collegamento tra i due. Qualcuno ne sa qualcosa di più? 😉

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5 Novembre 2012 in La parola ai giurati

Giusto per un raffronto mi sono regalato il DVD di “La parola ai giurati” , film di Sydney Lumet del 1957 del quale avevo visto qualche anno fa l’ottimo rifacimento di Nikita Michalkov (“12”).
Senza nulla togliere al bel lavoro di Michalkov, il crescente coinvolgimento emotivo che lo splendido bianco e nero di Lumet riesce a ricreare nello spettatore grazie anche ad un cast eccellente (Henry Fonda , J.Lee Coob, Martin Balsam solo per citare i più noti) , ne fa un’opera assolutamente eccellente , da non perdere.

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