No Time To Die

La saga dello 007 di Daniel Craig si conclude in tono minore, con un film che si situa più o meno all’altezza del deludente Skyfall. L’azione si trascina stancamente per 160 minuti, con le pochissime scene d’azione degne di nota – in particolare quelle girate a Matera – troppo brevi e già viste e riviste nei troppi trailer che hanno riempito il lungo rinvio della prima. Si conferma l’errore di fare di questi film una serie, con gli episodi che sono ciascuno il sequel di quello precedente e non un’opera a sé stante: si perde originalità e freschezza, ci si trova prigionieri della trama che deve riunire i fili rimasti disciolti, e si costringe lo spettatore a ricordare dettagli visti in film risalenti a vari anni prima. Le motivazioni dei personaggi sono poi troppo complesse e poco credibili, con un’ambizione per la spiegazione psicologica che è totalmente inadatta al genere. Il finale – decisamente inedito per un film di Bond – è alla fine quasi liberatorio, malgrado il minaccioso annuncio che compare dopo i titoli di coda.
L’unico guizzo viene da Ana de Armas con Paloma, un personaggio che oltre alla mise strepitosa regala anche qualche sorpresa e qualche minuto di autentico divertimento.

Non so molto riguardo James Bond da essere in grado di confrontarlo con i film passati del franchise, cosi’ come non sono certo un fan di questo genere di questo tipo di pellicole d’azione. Il film sembra comunque un discreto film di azione, che non da’ molto in termini di trama, e’ un po’ stiracchiato sulla lunghezza, ma e’ abbastanza piacevole come intrattenimento per un paio d’ore abbondanti.

Ci voleva dell’impegno per sventrare , svuotare e appallottolare via senza ritegno il Bond Craig-hiano , che tutto sommato alla lunga il suo lo aveva fatto (lasciamo stare quello Connery-ano , ovviamente inarrivabile).
Però ce l’abbiamo fatta!Mission Accomplished , M !
Mentre se da un lato, abbiamo la solita spunta del politically correct /diversity check , con un Q che non ne poteva più di farci sapere che è gay e una nuova 007 , ovviamente donna, ovviamente colored e ovviamente mascolina…dall’altro, abbiamo l’immagine di Bond presa a picconate : fedele, sornione, papà (Bond…papà!!!!) …ma soprattutto, morto(Bond…che muore!!!!!!!!!!)
E morto per mano , di un Rami Malek, sempre più schiavo e caricatura di se stesso, ci mancava solo che tra una piantina e l’altra intonasse un We Are The Champions dai suoi bei dentoni.
Io boh…non lo so. Faccio anche fatica a commentare, sembra un gioco al massacro, quasi un prodotto costruito ad arte per vincere l’Oscar del Grottesco e del Ridicolo.

Diciamo che l’innovazione dei film di 007 è molto scarsa: sembra vecchio stile ogni volta, abbastanza classico nel suo schema narrativo, con molta azione ma niente di nuovo.
Eppure riescono a tenerti incollati allo schermo per quasi 3 ore!
L’ultimo Bond di Craig sorprende, sopratutto su un finale molto significativo e di forte impatto emotivo, unico nella storia dei film di 007.
Ma avrei tolto molti punti e accorciata la pellicola: due ore erano sufficienti e molte linee narrative potevano essere escluse.
Ma tutto sommato un bel “ultimo 007”!
7/10.

purtroppo a mio parere i seguiti di casino royale non hanno mai raggiunto quella qualità artistica ed audiovisiva. Quest’ultimo capitolo praticamente trasforma il famoso franchise in un classico action movie come potrebbero essere i vari John Wick e Mission Impossibile… salvo solo come da copione Bondiano le location visivamente mozzafiato e le bondgirls come sempre al top. Stendiamo un velo pietoso sul villain, la trama e gli assurdi virus inverosimilmente letali e concepiti in quella specie di isola dove hanno buttato tutti i clichè cinematografici degli ultimi 50 anni. In particolar modo il villain inizia benissimo con la scena iniziale di flashback ma si rivela un anonimo e semi muto personaggio senza background particolare alcuno. CIao Bond, in queste condizioni non mi mancherai.

A Fukunaga piace riportare tonnellate di gadget e lo storico humor da sogni bagnati di un fan, ma deve fare i conti con la svolta dark del lifting hollywoodiano firmato Mendes. Come un fabbro, martella e corregge con forte retcon il claudicante predecessore costretto a dilungarsi più del dovuto.

Ma al netto, No Time to Die è tutto ciò che ci si può aspettare da uno 007, ma è anche tutto ciò che ci si può aspettare da un Bond di Craig nel bene e nel male.
Perché dopotutto “007 è solo un numero”, James Bond no.

Divertimento non scorrevole assicurato e appuntamento alla prossima metamorfosi bondiana