La risposta russa a Gravity / 21 Giugno 2018 in Salyut 7

Se il Solaris di Tarkovsky è stato presentato a suo tempo come «la risposta sovietica a 2001», si può dire che Salyut 7 rappresenti a sua volta la risposta russa a Gravity. Anche qui infatti abbiamo a che fare con un dramma in orbita bassa, con stazioni spaziali e una protagonista comune: la navicella Soyuz. Per non lasciare dubbi Salyut 7 cita anche inequivocabilmente Gravity nella scena dell’astronauta che tenta disperatamente di aggrapparsi a corrimani e pannelli solari.
Diciamo subito che il film russo batte il prototipo americano in almeno due campi: primo, nella bontà degli effetti speciali (e non era facile, se ricordate bene Gravity). Posso sbagliare, ma questo è forse è il film di fantascienza meglio eseguito da questo punto di vista, con un realismo incredibile e – soprattutto – con la bellezza ineguagliabile della Terra vista dallo spazio. Secondo, Salyut 7 rispetta in modo che mi sembra ineccepibile le leggi della fisica, là dove il film americano si prendeva libertà spesso imbarazzanti.
Tanto realismo, unito al fatto che il film è ispirato a una storia vera, seguìta fino a un certo punto quasi pedissequamente, fa sì però che Salyut 7 difetti di un elemento chiave: la spettacolarità. La vicenda è moderatamente emozionante, ma rispetto a Gravity siamo proprio su un altro – ehm – pianeta. Gli autori devono essersi resi conto della cosa, dato che a un certo punto – per la precisione a partire dall’incendio, che nella realtà non è mai avvenuto – la trama si distacca radicalmente e definitivamente dalla cronaca fedele e diventa pura finzione. Ma questo non basta a capovolgere le sorti del film: basta paragonare la scena ispirata a Gravity di cui parlavo all’inizio con l’originale, che vince a mani basse per durata e drammaticità.
Pessimo il finale, con una improbabilissima sortita dello Shuttle americano e una sorta di visione angelica. La Russia contemporanea non dimentica la vecchia paranoia anti-americana, anche se adesso la condisce con qualche opportunistico appello al misticismo dell’antica religione e non più all’edificazione del comunismo.

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