ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama
Prima stagione
The Knick si è rivelato un oggetto oscuro, che, al termine della prima serie, non riesco ancora a definire.
Partito senza infamia né lode, mi ha “infiammata” nelle puntate centrali, corrispondenti alla cosiddetta mid season, per poi deludermi sul finire.
Tolta l’ambientazione storica, infatti, le ultime quattro puntate avrebbero benissimo potuto far parte di un qualsiasi medical drama collocato in un contesto contemporaneo, con scarsa, davvero scarsa afferenza al periodo storico e sociale nel quale sono ambientati: al di là dei pregevolissimi costumi e delle altrettanto notevoli scenografie, mi hanno interdetta i dialoghi (e, qui, la colpa potrebbe anche essere dell’adattamento italiano) e, sovente, la gestualità degli interpreti, troppo poco consci, alcuni, di trovarsi fasciati in abiti di inizio secolo.
Forse che la vita di una comunità è fatta di corsi e ricorsi e ciò che viene affrontato nella New York del primo decennio del Novecento può riproporsi pressoché senza colpo ferire oggi, e viceversa? Può essere, perciò The Knick altro non è se non una specie di metafora?
Posto anche che ciò sia possibile, questa serie tv mi ha offerto ben poco in termini di originalità e confesso che le parti più interessanti si sono rivelate quelle legate alle sperimentazioni mediche, al limite dello slasher.
Nel complesso, la prima stagione del telefilm diretto da Soderbergh merita, a parer mio, sei stelline e mezza.
Mi riservo di attribuirle un voto definitivo alla luce, almeno, della seconda serie.
[Aggiornamento del 2 ottobre 2017]
Seconda stagione
Addio a un altro manipolo di personaggi a cui mi ero affezionata. Thackery, il suo spirito pioniere e folle e gli altri co-protagonisti mi mancheranno.
A conti fatti, Soderbergh ha dato vita a un bell’universo narrativo, ampio a sufficienza per toccare un numero alto e imprecisato di argomenti.
In questa stagione, fra gli altri, ha introdotto esplicitamente quello dell’eugenetica applicata al concetto di razza superiore.
A fronte delle perplessità espresse in occasione della fine della prima stagione, l’aspetto che mi ha affascinata di più dell’intero progetto è la riproduzione di un momento storico fondamentale dal punto di vista sociale e scientifico come quello del passaggio fra i due secoli: elettricità, benzina, metropolitana, radioterapia… Soderbergh mostra emozionato e in maniera emozionante il futuro che avanza.
Molto interessante anche l’evoluzione di gran parte dei personaggi, alcuni dei quali (vedi Lucy e il giovane Robertson) sembrano abbandonare qualsiasi forma di morale, per appestare il mondo con la loro perversione, come una nuova epidemia, incontrollabile e pestilenziale.
Voto seconda stagione: 8
Voto intera serie tv: 7 e mezzo (bando alla matematica… 8!)
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