La civiltà dell’uomo tra luci e ombre / 9 Novembre 2013 in Shinsekai Yori

Particolare. Questa è forse la parola che lo spettatore assocerà più facilmente al termine della visione di questi 25 episodi tratti dal romanzo orientale dello scrittore Yusuke Kishi. Una serie profonda e carica di contenuti, condita da una trama intricata e che richiede una visione completa e concentrata per la ricomposizione dei singoli tasselli. Un’opera con una capacità non indifferente di far convivere in essa svariati generi (dal fantasy al mistero, ma anche il genere di avventura, il sentimentale e il drammatico).
Shinsekai Yori – From The New World espone inizialmente il mito del paradiso terrestre a lungo bramato e cercato dagli uomini, dove questi ultimi vivono in pace e armonia senza l’ausilio della tecnologia, e dotati di poteri che ormai li pongono tranquillamente al livello delle divinità. Ma questa visione idilliaca e apparentemente perfetta dell’essere umano che ha raggiunto il culmine della sua civiltà, ci viene lentamente smantellata davanti agli occhi per far posto a un numero sempre più crescente di ombre, anziché di luci. Uno dei punti più interessanti di Shinsekai Yori è sicuramente la critica non troppo velata alla razza umana, che sacrifica crudelmente innocenti per il proprio tornaconto o per quel fantomatico e spesso abusato “bene supremo”, consistente nella distruzione senza scrupoli della vita di un singolo o di un gruppo per salvaguardare tutto il resto.
A farci compagnia in questo calderone complesso di generi, abbiamo un gruppo di ragazzini, di cui ci verrà presentata meticolosamente e con cura la loro psicologia elaborata, costruita intorno ad un’ambientazione futuristica legata molto ai canoni dell’opera fantasy e generata dalle esperienze che essi matureranno col progredire del tempo. L’ottimo lavoro di introspezione dei personaggi, infatti, è una delle note più liete dell’opera. Le relazioni tra di essi permette di dare il giusto spazio alla componente sentimentale della serie, sicuramente importante per esplorare a fondo la loro psiche. Cosa molto rilevante, l’operato sul fronte psicologico non si limita soltanto ai personaggi principali ma, seppure in parte minore, si estende anche a quelli secondari.
Tra le noti dolenti vi è purtroppo il comparto tecnico. Se si può apprezzare senza problemi la pregevole colonna sonora (ispirata alla nona sinfonia di Dvorak che, non a caso, vanta il titolo “From The New World”, sottotitolo della serie), non si può dire lo stesso della grafica, che dà l’impressione di andare peggiorando con l’avanzare dei singoli episodi. Tuttavia, se si chiude un occhio sulla parte estetica, si verrà ripagati egregiamente sotto il punto di vista dell’evoluzione della storia e dei colpi di scena, in costante crescita con il proseguire della visione.
Shinsekai Yori è quindi un’opera che mi sento di consigliare, con la premessa però che la trama inizialmente lascerà più dubbi che certezze e che è un’opera che richiede una forte concentrazione mentre la si visiona, per via di una narrazione che si spoglia molto lentamente, ma che alla fine risulterà molto apprezzabile e che, una volta terminata la visione del fantomatico ultimo episodio, lascerà un segno non indifferente nella testa dello spettatore.

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