Recensione su Taxi Driver

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Un meraviglioso AntiEroe / 15 Luglio 2015 in Taxi Driver

Quante volte nei film vediamo delle scene ambientate in un taxi? O vediamo film ambientati nella famosa New York, la città che non dorme mai?
E spolverando pellicole cult come Taxi Driver noi vissuti nel nuovo millennio non possiamo fare a meno di mettere a confronto situazioni tipiche e questo film decisamente atipico. Nei film che abbiamo sempre visto il tassista di solito è uno spazientito e cinico uomo di mezza età, che intravediamo per pochi secondi durante il racconto. Nei film che vediamo sempre New York è la città delle mille opportunità. Mentre in Taxi Driver la telecamera si concentra sul Taxi notturno che si muove tra il vapore immerso nella musica di un solitario sassofono. New York è sporca e polverosa, non ci sono solo la Statua della Libertà e l’Empire State building, ci sono anche i quartieri malfamati e esseri umani che di umano hanno ben poco .
E il tassista per la prima volta è protagonista e non spettatore. Trasmette un disincanto totale, nei confronti della natura umana, della vita, del futuro. Incredibile pensare che questo film appartiene al lontano 1976.
Lo stesso protagonista appare come un antieroe. Come un prodotto della società. E possiamo assistere a come i colpi inferti dalla società, come tutto ciò che vede dallo specchietto retrovisore del suo taxi lo cambino. Lo smussino.
Il politico inutile, la ragazzina segregata, il marito nevrotico, figure che si ripetono stancamente una dopo l’altra.
Scorsese costruisce magistralmente la figura di Travis, braccata dalla solitudine, emarginata in un mondo ingiusto. Proveniente da una guerra e diretto verso un’altra guerra. Volente o nolente.
Dovrà cambiare in qualche modo le cose il nostro Travis, giusto?

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