Recensione su Paterson

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La didascalia invisibile del cuore. / 20 Febbraio 2017 in Paterson

Balzac, attraverso uno dei caratteristi di un suo capolavoro, scriveva: ‘’Io sono un gran poeta. Non le scrivo le poesie poiché esse consistono nelle azioni e nei sentimenti’’.
Paterson, ultimo lavoro di Jarmusch, dopo il sorprendente ‘’Only Lovers Left Alive’’, si può riassumere in questa frase. In un uomo, appunto Paterson, la cui poesia è scritta nella sua quotidianità, oltre che sulle pagine di un taccuino segreto. Un ménage semplice, frugale, che ha la sua ouverture in un abbraccio, su un talamo di aneliti e baci.
Paterson non è un poeta, o meglio, lo è senza saperlo, considerando la sua professione, autista di autobus, la sua sola identità.
I suoi giorni, scanditi da una routine pressoché uguale, sono al contempo pregni di vita, perché spesi a catturare l’istante, e a imprimerlo nella memoria.
Un’anima empatica, la cui gentile foggia si ripara sotto l’egida di una coscienza mai velata da un impeto di ira.
La pellicola si compone di attimi, spazi e ambienti fissi, interconnessi al protagonista e alla sua sfera affettiva. Contesti che fungono da location per riprendere con estrema naturalezza e spontaneità un’innata ricerca del senso. E tramite questa giungere a una visione stratificata, in cui sogni si fondono ai bisogni. Tropi che rivestono di una cangiante allegoria l’abitudine.
Tendenzialmente legato ai canoni della metrica variabile di Williams Carlos Williams, e al suo rapportarsi agli eventi di natura quotidiana, e al tran tran dell’ordinarietà, nonché alla beat generation simboleggiata da Ginsberg, Paterson non disdegna richiami a un tipo di poesia più classica, con rimandi al sommo Poeta, o al Petrarca, la cui idealizzazione galante si palesa nella figura di Laura, qui compagna del personaggio. O nella romantica anglosassone, come quella di Keats ( versi scritti sull’acqua: chiaro omaggio all’epitaffio del celebre poeta ). E non solo, anche a quella contemporanea. Di una gioventù che si ferma anch’essa a riflettere e a ponderare.
Jarmusch ci offre uno schema famigliare, all’apparenza decodificato, ma non lineare. Il contrasto tra le ambizioni e i desideri della bella Laura, e le più semplici e meno vistose mire di Paterson, non riflettono soltanto una gerarchia di desideri, ma una condivisione di caratteri, affini in un unico aspetto, l’amore. E nel dipanarsi dei minuti, delle ore e dei giorni, vi è, come in una sorta di entr’acte silenziosa, atta a dividere gli istanti, un riverbero di gioia sopraffina, che eleva la normalità consegnandola a una gioia eterna.

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