Recensione su Karamazovi

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19 Marzo 2014

Karamazovi
I fratelli Karamazov ovvero come il cinema si fece teatro ed il teatro cinema.

In un momento in cui l’occidente è colpito da una crisi non solo economica ma anche intellettuale, l’ Italia rappresentata da “Produzione indipendente” è orgogliosa di importare, in una ristretta cerchia di sale, una pellicola tanto intelligente quanto poderosa: “I fratelli Karamazov” in lingua originale. L’opera presenta i membri di una turbolenta famiglia russa dominata da un pater familias volgare ed arrivista. La trama del romanzo e del film si sviluppa attorno all’assassinio del capofamiglia e al conseguente processo nei confronti di Dmitrij, il figlio primogenito accusato di parricidio
Diretto da Petr Zelenka, “I fratelli Karamazov” è semplicemente enorme. Magistralmente interpretata da attori teatrali, la rilettura dell’omonimo romanzo di Dostoevskij, lascia il pubblico in visibilio. Un pubblico che viene catapultato in una struttura industriale, un’acciaieria polacca, nella quale avranno luogo le prove di un gruppo di attori teatrali. I nostri sono i protagonisti dell’adattamento de “I fratelli Karamazov” ed apparentemente non sembrano preoccupati di quello che ad essi ruota attorno, apparentemente. Infatti il dramma di un manovale il cui figlio è in coma dopo essere caduto da una passerella li colpisce in modo prepotente. Una delle figure chiave del film è proprio l’operaio con il figlio in coma. Il luogo dove lavora, la fabbrica, si trasforma in un grande palcoscenico. E’ distrutto, l’incidente lo ha scosso, eppure trova una valvola di sfogo nell’arte. L’arte che salva il mondo, l’arte che salva la carne e lo spirito dell’uomo. Sarà l’arte a salvarlo o l’arte rappresenta un piacere momentaneo ? Se da un lato la fabbrica diventa palcoscenico, dall’altro lo spettatore partecipa allo spettacolo. Pur non essendo conscio di ciò egli diventa parte del sistema e gli attori si spogliano dei loro ruoli umanizzandosi. Gli attori-uomini si muovono fra vecchi macchinari e giovani operai intrattenuti da quello che effettivamente è un break alla loro vita monotona. Tutti entrano a far parte della recita con la conseguente sovrapposizione della finzione e realtà.

La maestria del regista è quella di alleviare il contenuto dell’opera attraverso battute secche, memorabili, divertenti, veloci mai volgari. Ha dei momenti leggeri mai frivoli legati a momenti in cui lo spettatore si pone domande sul dovere, dubbio, ragione, libero arbitrio, la fede, la famiglia. Il film la dice lunga sul rapporto “odio-amore” del regista con gli attori, paragonati a dei bambini sfuggenti, creature baciate da Dio. E a proposito di Dio è innegabile come, intrattenimento e temi tragicomici a parte, il tema della fede e del divino pregni il film. La Divinità ha un suo ruolo, non solo all’interno della pellicola ma nella società Ceca stessa. Il tema è affrontato seguendo un percorso comico e tragico passando per il blasfemo, si uccidono gli “idoli” e si sputa sull’icona di Papa Giovanni Paolo II.
Il risultato finale è poderoso, dall’alta spettacolarità e teatralità.

In sala Giovedì 27 Marzo 2014.
Se non siamo ai livelli del capolavoro poco ci manca.

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