Recensione su Il sospetto

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20 Aprile 2013

Si tratta di un caso raro, all’interno della filmografia italiana dedicata alla lotta di liberazione dal fascismo, perché, a differenza di altre pellicole a sfondo principalmente cronachistico, affronta l’argomento da un punto di vista prettamente ideologico e politico: l’azione propriamente detta non viene mai mostrata, il nemico non è mai visibile, ma qui ciò che conta è la posizione dell’individuo nei confronti dell’Idea e della Causa, nei suoi travagli interiori, nella sua aderenza ad una posizione precostituita nella quale intravede delle incongruità a cui ritiene sia possibile far fronte.

Maselli, in qualità di militante, ha vissuto personalmente questi lavorii interiori e ha avuto il coraggio di mostrarli al pubblico, pur sapendo che parte del PCI non avrebbe gradito l’esposizione dei “panni sporchi” del partito: non a caso, il film venne apertamente e lungamente criticato (Maselli rimase impressionato dalle critiche di Pietro Ingrao su un numero de L’Espresso del ’75).
C’è coraggio e abnegazione, c’è obiettività, in una scelta del genere. Ma Maselli riesce a non incensarsi affatto, non era sua intenzione farlo, direi, perché il suo obiettivo era quello di suggerire spunti di riflessione ai suoi compagni ed alla platea in generale, non solo sul partito in quanto tale ma sulla posizione dello stesso all’interno del movimento di liberazione e nella ricostituzione post-mussoliniana dello Stato, e delega al protagonista, interpretato da un superbo Volonté, il compito di veicolare i leciti dubbi di un militante che sente la sua anima politica dividersi.
Il fatto che, a quasi quarant’anni di distanza dall’uscita del film, esso veicoli ancora con tanta potenza, freschezza ed immediatezza un dilemma così profondo ed articolato è indice di indubbia qualità di realizzazione e di padronanza del soggetto e delle tecniche di narrazione.

Tecnicamente, alcuni movimenti di macchina sono notevoli, con diversi piani sequenza davvero interessanti, la fotografia è impietosamente livida, le scenografie sono perfette nel rispecchiare il senso di alienazione del protagonista nei confronti del meccanismo socio-politico in cui si trova inserito e le musiche di Giovanna Marini lo accompagnano con vibrante pathos fino alla spiazzante battuta finale.

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