Recensione su I Origins

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5 Gennaio 2015

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Possibile che il regista di uno dei miei film preferiti, Another Earth, abbia scritto e diretto questo? Sì, mi dico: il “what if” che entra lentamente nella realtà quotidiana, qualche inquadratura, lo spirito generale e due attori mi confermano che il regista è lo stesso. Quello che manca è il genio, direi. O detto più terra terra, questo film è proprio bruttino.

Cerco di radunare qualche pro: gli attori sono tutti validi (facciamo un saluto ad Archie Panjabi!), il film di per sé non annoia e se vuoi credere a una storia che si basa su “e se gli occhi fossero lo specchio dell’anima?” è probabile che ti catturi. Se non è questo il tuo caso, forse concorderai con questa mia lista di problemi:
– Il conflitto scienza e religione è messo così in evidenzia da essere tutt’altro che elegante o sottile. Il protagonista passa dal provare che non esiste nessun dio al dover ammettere che si sbagliava. “Cosa c’è di sbagliato nel mettere in evidenza un dilemma così importante?” direte voi. C’è di sbagliato che a metà film non hai più sorprese su come andrà a finire: è OVVIO che dall’assoluta mancanza di fede si arrivi alla possibilità finale.
– La premessa per me non è per nulla credibile. C’è la possibilità che quando muori ti reincarni nel corpo di un neonato. E tracce della tua vita passata potrebbero riflettersi nel nuovo-te. E prova della reincarnazione è negli occhi. Ma wow.
– La morte di Sofi è stupida, così come il modo in cui Salomina alla fine è terrorizzata dall’idea dell’ascensore (e non solo la paura in sé, ma la lentezza con cui si arriva al momento della rivelazione, con lo spettatore che lo capisce molto prima, e passa tutto il tempo a chiedersi perché disturbarsi a prendere l’ascensore quando — così a naso — la camera è al primo piano dell’hotel). Ma la scena più stupida per eccellenza è quando Ian va a cercare la famiglia dell’uomo che a quanto pare ha un legame con suo figlio, delle mucche gli bloccano la strada, qui incontra una parente del tizio, scopre che quello è morto, e nell’arco di due secondi spuntano il cane e la signora mostrati in foto al bambino durante il test. È un momento che rimarrà immortalato per sempre: la signora che dice “Hello there!”, un bel primo piano per togliere anche allo spettatore più disattento il dubbio sulla sua identità.

E niente, bruttino. Vorrebbe essere profondo, ma non lo è — anche a voler chiudere gli occhi e sospendere l’incredulità sulla faccenda degli occhi-anima, non c’è molto da salvare. Riguardiamoci Another Earth.

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