Recensione su Frankenstein

/ 20155.211 voti

24 Febbraio 2017

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

. Tentativo, non tanto riuscito, di trasporre ai giorni nostri il celebre romanzo di Mary Shelley. In realtà la vicenda raccontata ricalca, più che le pagine del romanzo, la trama dei precedenti film sulla creatura, con l’altra sostanziale differenza che questo film è incentrato secondo il punto di vista della coscienza, in continuo sviluppo, della creatura. In effetti il titolo della pellicola appare fuorviante, giacché il dottor Frankenstein e consorte si vedono solo all’inizio e alla fine e poco di loro è dato sapere. A raccontare le proprie vicissitudini, per mezzo di una voce fuori campo, è infatti Adam stesso, inframmezzando la narrazione con interessanti monologhi che facevano presagire un maggiore approfondimento delle tematiche Shelleyane, che però non arriva mai e infine tutto si risolve con abbondanti dosi di violenza e supposto iperrealismo, che toglie un po’ fascino al tutto. In questa produzione indipendente non trovano spazio infatti quelle suggestioni gotiche che, dalle prime produzioni Universal degli anni trenta, hanno accompagnato qualsiasi trasposizione più o meno fedele del romanzo. A farla da protagonista non sono vecchi cimiteri o nebbiosi boschi, ma le poco attraenti e degradate aree suburbane di Los Angeles. Non ci sono atmosfere espressionistiche, ma al contrario, una pulitissima fotografia rende tutto anche troppo luminoso. Citazioni quasi d’obbligo ai classici del passato, appaiono le grida degli scienziati al risveglio della creatura (“è vivo, è vivo”), il lancio della bambina nel lago e l’incontro col già citato cieco solitario. A differenza che nel romanzo (e degli altri film) qui il rifiuto/tradimento subito dal mostro da parte della figura genitoriale, arrivano inizialmente dalla figura materna della dottoressa Elizabeth, piuttosto che da quella paterna.

Lascia un commento