Recensione su Ispettore Callaghan: il caso Scorpio è tuo

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Ispettore Callaghan: il caso Scorpio è tuo
Regia:

Harry la carogna, ovvero: dopo la Trilogia del dollaro, un nuovo personaggio pronto ad esaltare le doti (in)espressive di Clint Eastwood / 20 Febbraio 2016 in Ispettore Callaghan: il caso Scorpio è tuo

Dirty Harry è il film che ha rinnovato il poliziesco americano, agli inizi degli anni Settanta, sull’onda della ventata di freschezza portata dalla Nuova Hollywood.
Insieme a Fuga da Alcatraz è il film più famoso della celebrata coppia Don Siegel – Clint Eastwood, con quest’ultimo che veniva definitivamente consacrato nell’olimpo degli attori più inespressivi eppure più ricercati di Hollywood.
Dopo il successo della Trilogia del dollaro, Eastwood fornisce una nuova sponda a coloro che lo vorrebbero capace di due sole espressioni, quella con cappello e quella senza (che qui diventano con la 44 magnum in pugno e senza).
Eppure il primo Callaghan (Callahan nell’originale) è un personaggio assolutamente memorabile: il poliziotto ribelle e anarchico, dai metodi discutibili eppure giustificabili in nome di un più alto ideale di sicurezza e giustizia. E una discreta parte del merito va proprio all’attore californiano.
Il film destò polemiche per la palese apologia del travalicamento dei propri poteri da parte della polizia, fino alla forse eccessiva accusa di fascismo.

Dirty Harry può essere considerato, per certi versi, un western urbano: non soltanto per la suggestione fornita dal protagonista e per i vari richiami simbolici, tra cui la scena finale in cui Callaghan, dopo aver chiuso a modo suo il caso Scorpio, lancia nel canale il distintivo della polizia, una stelletta simile a quella dei vecchi sceriffi del far west. È lo stesso tema del ristabilimento dell’ordine, dell’uomo solo contro tutti, a richiamare l’America di un secolo prima, insieme ad alcune suggestioni visive – su tutte i bellissimi campi lunghi – che ricordano l’iconografia del genere western.

Da un punto di vista tecnico-stilistico, troviamo alcune interessanti scelte – in linea con i dettami della New Hollywood – che connotano quello che è stato definito il realismo urbano: le zoomate ampissime e a volte violente, che partono da piani medi per finire in campi lunghissimi, rivelatrici dell’anonimato della metropoli; l’utilizzo del teleobiettivo per dare un senso di verosimiglianza alle scene girate in una San Francisco che si era appena lasciata alle spalle le varie esperienze della controcultura di fine anni Sessanta.
Il film è liberamente ispirato a fatti realmente accaduti in California negli anni ’68-’69, allorquando il serial killer Zodiac (su cui si basa il personaggio di Scorpio) commise vari omicidi rimasti impuniti, ingaggiando una provocatoria sfida con la polizia e la stampa, in uno degli invero pochi casi di assassinii seriali rimasti irrisolti della recente storia giudiziaria americana.

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