Recensione su 2001: Odissea nello spazio

/ 19688.4832 voti

Affascinante e incomprensibile, come l’ignoto / 15 Ottobre 2013 in 2001: Odissea nello spazio

Dal razzo nell’occhio lunare di Méliès, il cinema “spaziale” ha compiuto passi da gigante, ma non si è mai discostato troppo dal punto essenziale del suo raccontare; l’insondabile immensità sopra e attorno a noi, il dilemma dell’eternità abitata o disabitata.
Questo di Kubrick è in sè pure un capitolo fondamentale di quel filone fantascientifico che vede al centro la diatriba tra uomo e macchina (consiglio di lettura: Io, robot di Asimov). La dipendenza dalla macchina, la sterilizzazione dell’umano, concetto fotografato dalla geniale scena della corsetta dell’uomo in un cerchio di gravità, come una grandiosa ruota per criceti.
Per converso, Kubrick illustra grandiosamente il processo di ribellione ed “umanizzazione” della macchina: è un personaggio vero e proprio quell’ Hal 9000, voce flemmatica per un occhio a infrarossi, di cui resta a imperitura memoria del Cinema il suo canto del cigno:
“Ho paura… Ho paura, David… David… La mia mente se ne va… Lo sento… Lo sento… ”
E’ un film fluttuante, difficilmente riassumibile, senza centro di gravità, lento come le movenze lunari, come il galleggiare silenzioso nelle profondità buie dello spazio, assillante come il rumore del respiro dell’astronauta.
La mirabolante architettura cinematografica (specie per quegli anni, correva infatti il ’68) impatta, con i suoi scenari siderali e i suoi impianti futuristici, contro il nulla dell’ignoto; tutto perde ogni senso davanti a “quello strano coso”, quel liscio parallelepipedo nero, ignoto e muto.
Un film che spesso intontisce, con una cacofonia di archi impazziti o di voci umane, come un ronzìo incessante che accompagna la statica presenza del “coso” o la psichedelia del naufragio stellare dell’astronauta David. Un viaggio disseminato da meduse di luce e colore; Kubrick ha parlato di questo 2001 come una “esperienza visiva”, e forse lo spettatore d’oggi non trasecola più come il buon sessantottino, essendo quegli effetti terribilmente simili alle ottuse geometrie random di un windows media-player.
Il finale è in un misterioso, elegantissimo appartamento, trionfo del metaracconto, dove sogno, visione e ricordo approdano e si fondono in una ipotetica realtà.
Affascinante e incomprensibile, proprio come l’ignoto spazio profondo.

4 commenti

  1. hartman / 25 Ottobre 2013

    Bellissima recensione…
    Però per avergli dato “solo” 8 dev’esserci anche qualcosa che non ti ha entusiasmato, che non traspare… Non che voglia sindacare il tuo voto, ci mancherebbe, però mi interessava saperlo, perché per me 2001 é IL FILM.. Il film da 10.. Quindi mi piacerebbe sapere per te cosa non va, visto che sei uno che se ne intende, come appunto si capisce dalla recensione..

    • alex10 / 25 Ottobre 2013

      beh @hartman secondo me dare 10 a questo film è difficile.
      A dire la verità io penso che il voto abbia un’importanza relativa.
      Credo che identificare un film e l’arte in generale con un numero è sbagliato…io metto i voti giusto così…perché l otrovo carino…ma penso che la recensione, anzi no, il commento personale, sia molto più significativo del voto.
      Il voto, detto tra noi, penso che sia una vera stron*ata ! 😉

      • hartman / 25 Ottobre 2013

        Probabilmente sì, il voto é una str… da 6 a 9, ma quando uno mette 10 il messaggio é ben preciso.. E io intendevo che per me questo é film da 10, nel senso che é inarrivabile sotto ogni punto di vista.. Poi certo la recensione conta più di un numerino e infatti Paolo ne ha scritta una molto bella e condivisibile, che però mi aspettavo portasse a un giudizio di sintesi più alto.. E non essendo stato così volevo capire quali erano le cose che lo avevano portato a giudicarlo sinteticamente con un 8, ovviamente senza permettermi minimamente di sindacare il voto altrui.. Tutto qui..

  2. paolodelventosoest / 26 Ottobre 2013

    Dunque, il voto è in definitiva un fatto personale e non sempre ben spiegabile. Un film da 10 generalmente lo “sento”; mi comunica qualcosa di misterioso, una specie di alchimia immediata.
    Premesso questo, 2001: Odissea nello spazio mi ha acceso una moltitudine di scintille, che poi ogni tanto scemano di intensità per le lunghe pause di silenzio, rumori di fondo, pause insomma quello “slow cinema” che piaceva un sacco negli anni 60/70.
    C’è una ripetitiva ostentazione del senso di mistero, aggiungerei.
    Se vogliamo, i momenti “vivi” della pellicola, ad esempio i dialoghi, sono da 11, più che da 10; quindim ho espresso un voto che è una media tra l’incontestabile grandezza e le sensazioni che mi sono arrivate.

Lascia un commento