Gli spostati

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Gli spostati

Dopo il divorzio, una giovane donna lascia Chicago per recarsi a Reno, in Nevada, per la relativa udienza. Qui, conosce un cowboy e un ex-pilota di aerei e decide di fermarsi per qualche tempo con loro, vivendo nelle praterie del Nevada. Adattarsi sarà durissimo.
Anonimo ha scritto questa trama

Titolo Originale: The Misfits
Attori principali: Marilyn Monroe, Clark Gable, Eli Wallach, Montgomery Clift, Thelma Ritter, James Barton, Kevin McCarthy, Estelle Winwood, Rex Bell, John Huston, Peggy Barton, Ryall Bowker, Frank Fanelli Sr., Bobby LaSalle, Philip Mitchell, Walter Ramage, Ralph Roberts, Dennis Shaw, J. Lewis Smith, Marietta Tree, Mostra tutti

Regia: John Huston
Sceneggiatura/Autore: Arthur Miller
Colonna sonora: Alex North
Fotografia: Russell Metty
Costumi: Jean Louis
Produttore: John Huston, Frank E. Taylor
Produzione: Usa
Genere: Drammatico, Romantico
Durata: 124 minuti

Dove vedere in streaming Gli spostati

Dolenti epitaffi / 16 Agosto 2016 in Gli spostati

Per me, è stato difficile guardare (finalmente) questo film di Huston scindendo la finzione cinematografica dalle vicende biografiche delle star coinvolte: ogni espressione del viso della Monroe, qualsiasi smorfia di Gable, gli occhi un po’ spiritati di Montgomery Clift e, di conseguenza, anche i più piccoli scarti nel montaggio (che ho attribuito alle difficoltà sorte sul set)… nel mio immaginario, tutto ha concorso a farmi leggere questa pellicola come una metafora dolente delle loro carriere e delle loro vite prossime alla fine.

Infatti, se letto a posteriori, insieme alla crepuscolarità legata alla conclusione dell’epoca dei cowboy, con immagini e messaggi precursori di quelli dei più leggeri Il cavaliere elettrico di Pollack e di Bronco Billy di Eastwood e del durissimo Gli spietati , ancora di Eastwood, il film trasmette un senso di ineluttabile malinconia: partendo dal fatto che le riprese furono assai difficoltose per via dei problemi della Monroe, Gable (quasi sessantenne, non volle essere sostituito da alcuna controfigura nelle scene più concitate) sarebbe morto per problemi cardiaci prima di vedere il film montato e distribuito, mentre la Monroe sarebbe scomparsa di lì a un anno e Clift nel ’66.

Gli spostati è un film che parla in maniera ossessiva di vita, morte e amore e questi elementi non sono solo i pilastri narrativi della sceneggiatura firmata dallo scrittore Arthur Miller (all’epoca, marito della Monroe), ma sono alcuni tra gli elementi fondamentali della biografia degli attori protagonisti.
Ai miei occhi, il film di Huston è nient’altro che la messinscena di alcuni tormenti personali di Marilyn, in primis, e non riesco a levarmi dalla testa l’ipotesi che Miller abbia scritto questa storia per mettere la donna (prima ancora che l’attrice) davanti alle proprie tristezze, in una sorta di transfert consapevole. Roslyn è Marilyn, è una donna che ama la vita, ama l’amore, teme la solitudine e la morte (e, come dice il personaggio di Gable, paradossalmente odia la vita, per contrasto), spaventosamente fragile (di nervi), desiderosa di essere apprezzata al di là di quel che rappresenta, al di là di un corpo che attira gli uomini come zucchero (non è un caso che Guido, il personaggio di Wallach, la descriva così). Sul lato interno dell’anta di un armadio della casa in cui vivono lei e Gay, compaiono le foto di Marilyn/Roslyn (se ne intravedono di notissime): ridendo, lei tenta di nasconderle ripetutamente alla vista di Guido e del pubblico, poiché appartengono ad un passato che le due donne (Norma Jean e il personaggio interpretato) vogliono lasciarsi alle spalle, perché non le rappresenta, perché è… passato, perché un’immagine è tale, mentre lei/loro sono qui, ora, in carne ed ossa, e vorrebbero vivere (ed amare) in quanto altro da quello che ha/hanno rappresentato. Si parla di bambini non nati (Marilyn ebbe due aborti dichiarati), di bambini abbandonati (lei stessa lo fu, da bambina), di madri assenti o egoiste.
E Perce, il personaggio di Clift, a sua volta, parla al telefono con la mamma di un danno al volto rimediato in un rodeo: nel ’57, l’attore fu realmente vittima di un incidente che gli cambiò irrimediabilmente i connotati. Per quanto i chirurghi si siano adoperati per riportare il suo volto alla bellezza dei tempi di Un posto al sole, Clift non è stato più lo stesso. In questo film, in cui offre una prova bella e straziante, complice anche l’abuso di alcol, i suoi occhi sono febbrili, la sua gestualità è a dir poco dolorosa. In un libro, Peter Bogdanovich racconta di averlo incontrato nel buio di una sala cinematografica, mentre veniva proiettato un suo vecchio film: lo scoprì in lacrime, mentre guardava il suo volto giovane ed incorrotto ed io non ho potuto fare a meno di pensare a questo aneddoto, guardandolo.
All’epoca del film, Gable aveva ancora una notevole presenza scenica, ma era, evidentemente, vecchio, pur non avendo ancora compiuto 60 anni: la sua caducità è particolarmente evidente nelle sequenze in cui è in compagnia della Monroe. Gable/Gay è un anziano con velleità machiste, intento a sfoderare sorrisi ammiccanti e sopracciglia alzate come il miglior Rhett Butler, ma, come il suo non arrendevole cowboy, egli era chiaramente sul viale del tramonto: il cinema (e lo stesso film di Huston, ardito, lo dimostra) stava cambiando, come il mestiere del mandriano, di cui, in questa pellicola, sopravvivono gli echi lontani dei tempi gloriosi contrapposti alle baracconate da rodeo.
Come i selvaggi mustang da lui catturati, un tempo linfa vitale dei ranch degli Stati Uniti e ora destinati a diventare cibo per cani, Gay, Roslyn, Perce e i rispettivi interpreti sono le icone di un’epoca (irripetibile) che volge al termine.

Quello de Gli spostati è stato un set fotografatissimo: in particolare, gli scatti di Eve Arnold, prima fotografa donna della Magnum, raccontano molto di quei giorni e, al di là del loro afflato glamour, valgono la pena di essere visti in qualità di documenti.

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Bellezza e morte / 4 Gennaio 2016 in Gli spostati

La dea triste di Hollywood splende in tutta la sua tormentata dolcezza in questo suo ultimo film, scritto dal marito Arthur Miller per la regia di John Huston. Donna oggetto o donna materna salvatrice, Marilyn è sempre di una leggerezza sempre intensa, mai stupidamente frivola; qui sfugge con disperata grazia ai canoni della violenta maschilità cowboy, non si lascia domare come i mustang delle montagne nelle epiche scene nel deserto del Nevada, urla tutta la sua rabbia in faccia a Gable, Clift e Wallach. L’icona sexy chiude una, due, tre volte l’anta dell’armadio dove campeggia la sua foto con la posa più classica, non riesce a liberarsi del peso schiacciante della sua incomparabile bellezza. Bellezza e morte. Disperante.

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