L'uomo che vide l'infinito

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L'uomo che vide l'infinito

Srinivasa Ramanujan è un giovane indiano, cresciuto nella povertà a Madras. Grazie alle sue intuizioni matematiche, viene ammesso all'Università di Cambridge diventando allievo e protetto del professor G. H. Hardy.
Stefania ha scritto questa trama

Titolo Originale: The Man Who Knew Infinity
Attori principali: Dev Patel, Jeremy Irons, Toby Jones, Devika Bhise, Stephen Fry, Kevin McNally, Jeremy Northam, Anthony Calf, Pádraic Delaney, Shazad Latif, Roger Narayan, Arundathi Nag, Dhritiman Chatterjee, Richard Johnson, Raghuvir Joshi, Malcolm Sinclair, San Shella, Richard Cunningham, Thomas Bewley, Pip Barclay, David Shaw-Parker, Dominic Cazenove, Nicholas Agnew, Alan Booty, Shenagh Govan, Alexander Forsyth, Enzo Cilenti, Elaine Caulfield, Alex Bartram, Christopher Ravenscroft, Imogen Sage, Mostra tutti

Regia: Matt Brown
Sceneggiatura/Autore: Matt Brown, Matt Brown
Colonna sonora: Coby Brown
Fotografia: Larry Smith
Costumi: Ann Maskrey, Nicola Rapley
Produttore: Matt Brown, Joe Thomas, Mark Montgomery, Manraj S. Sekhon, Min-Li Tan, Pamela Godfrey, Joseph Newton Cohen, Richard Toussaint, Gary Ellis, Swati Bhise, Shail Shah, Tristine Skyler, Sofia Sondervan, Jon Katz, Edward R. Pressman, Jim Young, Masaaki Tanaka, Compton Ross, Phil Hunt
Produzione: Gran Bretagna
Genere: Drammatico, Biografico
Durata: 108 minuti

Dove vedere in streaming L'uomo che vide l'infinito

Matematico indiano / 16 Dicembre 2021 in L'uomo che vide l'infinito

Interessante storia del matematico indiano Ramanujan, tratto da una storia vera.
Nel 1912 a Madras in India, Srinivasa Ramanujan (Dev Patel) è un giovane indiano dall’eccelsa mente matematica che però fatica a trovare lavoro: trovato posto come contabile, i suoi superiori stupiti da alcune geniali dimostrazioni lo convincono a mandare una lettera con i suoi lavori ad alcuni professori di Cambridge.
Sarà Hardy (Jeremy Irons) a invitarlo in Inghilterra e lo prenderà sotto la sua ala; Ramanujan accetta anche se questo significa “separarsi” dalla giovane moglie e dalla madre tradizionalista.
Inizialmente Ramanujan verrà visto in malo modo dalla comunità accademica e troverà anche delle difficoltà con il metodo di lavoro di Hardy ma avrà modo per farsi apprezzare. Anche il rapporto con i famigliari rimasti in patria non sarà semplice; come se non bastasse si ammalerà anche di tubercolosi cercando inizialmente di nascondere la malattia per paura che il suo lavoro con Hardy possa terminare. Il film è interessante, non fatevi spaventare dalla matematica che tutto sommato è abbastanza marginale (nel senso che non bisogna essere “esperti” per potere comprendere il film). La visione di Ramanujan della matematica è abbastanza particolare e non facilmente comprensibile; anche Hardy fatica a entrare nell’ottica delle idee del matematico indiano.
Nel resto del cast da citare Toby Jones nei panni del professor Littlewood, amico e confidente di Hardy, Stephen Fry è il capo di Ramanujan in India.

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Non di più / 13 Giugno 2016 in L'uomo che vide l'infinito

È la storia di un matematico indiano autodidatta, Srinivasa Ramanujan, che partito dall’India delle caste e della rigida gerarchia sociale, riesce ad arrivare a Cambridge, epicentro della ricerca matematica mondiale, grazie ad una lettera spedita a G.H. Hardy, professore dell’università, che colpito dal genio del giovane decide di riceverlo per farlo pubblicare, non prima però di aver fatto fare al prodigio indiano un po’ di apprendistato nella matematica formale, quella delle dimostrazioni e della teoria. Lì lo scontro tra formalismo ed espressione raggiunge un punto critico, ma proprio nel momento in cui lo sviluppo si fa saliente e fertile, scoppia la prima guerra mondiale.
Il film biografico è a tutti gli effetti un genere autonomo e riconosciuto, e ha sviluppato nel tempo precise caratteristiche e una delineata forma. Sempre molto attraenti per le case di produzione cinematografica sono poi le storie che parlano di persone straordinarie, geni in varie discipline, siano esse intellettuali o sportive. Oltre ad avere un valore meramente di intrattenimento, questo genere di film ha anche il merito di raccogliere dalla storia narrazioni di un passato (sia esso prossimo o remoto) per rinnovarne la testimonianza e reinterpretarlo nella nostra contemporaneità.
In questo L’uomo che vide l’infinito rispetta in pieno gli obblighi, e riporta alla luce una storia da molti dimenticata, da altri mai conosciuta, quella del grande matematico autodidatta Ramanujan. È qui il nocciolo della questione nel film di Brown: la straordinarietà del soggetto e lo sviluppo che si dispiega nell’impatto del protagonista con la cultura occidentale; diventano segnali del problema tra rifiuto e assimilazione della cultura straniera tutti quegli elementi che differenziano il protagonista e gli provocano disagio, come il suo essere vegetariano, il non avere un titolo di studio, il competere nei ruoli di potere forti e prestabiliti, e ovviamente il colore della pelle. Il rapporto con l’India e con la giovane e comprensiva moglie non è dimenticato per tutta la durata del film, ma anzi gioca un ruolo fondamentale nella psiche del protagonista, stressato tra il sé immortale (quello che lascerà ai posteri le scoperte matematiche) e il sé terreno, dell’amore.
L’uomo che vide l’infinito è confezionato bene, interpretato egregiamente e diretto con mestiere. Il suo problema è forse proprio non volersi muovere di una virgola dai canoni del genere biografico classico, che raramente riesce a dar luce a prodotti che osano qualcosa di diverso. Questo film, seppur ottimo, non lo fa.

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