2 Ottobre 2013 in A Casa

Come dicevo un mese fa, a proposito di Koridorius, “viviamo in un mondo pieno di parole e, spesso, di fronte ai silenzi ci sentiamo a disagio. Dobbiamo colmarli ad ogni costo e parliamo”. Non nego come sia stato utile prendermi del tempo poiché la scossa di Koridoius è durata parecchio. Ho trovato “A casa” ancora più claustrofobico, amaro, grottesco se vogliamo della pellicola precedente.
In un certo senso inquietante, riflessivo, A Casa è il ritorno dell’ atmosfera dark già respirata in Koridorius. E’ la stessa aria di pesantezza e malinconia.
Per di più il regista torna a girare dentro un’abitazione, una dimora fatiscente ed aristocratica la quale nel passato ha visto tempi migliori. Una casa a metà fra manicomio e bordello.

Come solito, Šarūnas Bartas rende omaggio al silenzio.
Gli interni e gli esterni. Fuori di essa vi è vita, una vita composta da bambini che giocano con i fuochi d’artificio, persone che praticano sport su un lago ghiacciato,
I personaggi all’interno invece vagano quasi senza meta, strappano fogli di un libro, conversano in una conversazione fra sordi. Quello che avviene è un dialogo interiore, nelle poche occasioni di incontro fra la fauna locale. Lo spettatore viene immerso in un mondo di fantasmi, esseri inumani, sporchi, scavati nei volti, dei freaks, degli outsiders.
Non vi è come in Koridorius una contrapposizione nitida fra quello che succede fuori e quello che succede dentro ma, in entrambi i film, i personaggi fluttuano in una dimensione tutta loro, immersi nei propri pensieri . Spiazzato, lo spettatore è trasportato in una roccaforte, luogo di isolamento e di perdizione. Un isolamento, percepito dal sottoscritto, come volontario.
E’ la seconda pellicola del regista, Sharunas Bartas, che guardo, non mi è piaciuta tanto quanto Koridorius ma ve la consiglio.
Vedetelo, obiettivamente serve anche questo tipo di pellicola.

DonMax

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