Swiss Army Man

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Swiss Army Man

Disperato e solo, Hank sta per tentare il suicidio quando, sulla spiaggia dell'isoletta deserta su cui si trova, approda il corpo di un ragazzo. Per un attimo, Hank si illude che il giovane sia vivo, ma si tratta di un cadavere. Ancora più sconfortato, Hank sta per compiere l'estremo gesto, ma, poco prima di stringere il cappio intorno al proprio collo, si accorge che il corpo sulla battigia è pieno di gas da decomposizione e che può sfruttare la situazione, usando il corpo come zattera e il gas come propulsore, per allontanarsi dall'isola. Il folle progetto funziona: Hank e il cadavere approdano a terra. Adesso, Hank ha la possibilità di tornare a casa, ma non se la sente di abbandonare il corpo trovato sulla spiaggia.
Stefania ha scritto questa trama

Titolo Originale: Swiss Army Man
Attori principali: Paul Dano, Daniel Radcliffe, Mary Elizabeth Winstead, Antonia Ribero, Timothy Eulich, Richard Gross, Marika Casteel, Andy Hull, Aaron Marshall, Shane Carruth, Jessica Harbeck

Regia: Daniel ScheinertDaniel Kwan
Sceneggiatura/Autore: Daniel Scheinert, Daniel Kwan
Colonna sonora: Andy Hull, Robert McDowell
Fotografia: Larkin Seiple
Costumi: Stephani Lewis
Produttore: Miranda Bailey, William Olsson, Lawrence Inglee, Eyal Rimmon, Gideon Tadmor, Lauren Mann, Jonathan Wang, Jim Kaufman
Produzione: Usa
Genere: Drammatico, Commedia, Azione
Durata: 97 minuti

Dove vedere in streaming Swiss Army Man

E io che pensavo di averle viste tutte… / 16 Giugno 2020 in Swiss Army Man

Probabilmente il film più fuori di testa (ma con una sua…logica) che ho mai visto in vita mia: dopo i primi -folgoranti- 10 minuti , mi sono chiesto “ma che diavolo sto guardando?”…e tendenzialmente ho continuato a chiedermelo tutto il film.
Geniale, irriverente, dissacrante, grottesco,perverso…e tutto ciò che hanno già scritto gli altri, mi ripeterei.
Assolutamente da vedere, fosse solo per l’audacia e l’aver dato una nuova connotazione al termine “originalità”.

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Folle, poetico e geniale / 2 Giugno 2020 in Swiss Army Man

In un periodo storico dove l’omologazione è sempre più presente e l’originalità virtù assai rara, i Daniels ballano impazziti e sbracciano come forsennati facendosi notare, e non poco, in una processione di autori zombie che, ahimè, non hanno molto da racconatare. La parabola dell’uomo depresso è stata oggetto di tantissime rappresentazioni nel corso della storia del cinema, tuttavia, Swiss Army Man, rielabora le strutture principali del genere evolvendo gradualmente e intelligentemente nel cinema puro: dall’ originalità dello script, che danza calibratissimo tra il grottesco e il drammatico all’ingegnosità della scenografia, dalla fotografia che valorizza il paesaggio boschivo e che si adatta brillantemente alle varie fasi della giornata all’epica colonna sonora che crea la cosiddetta “magia” in molte sequenze del film. Interessante l’analogia tra l’evidente inquinamento della natura, deturpata dai rifiuti, e i due protagonisti. Manny è un rifiuto organico vero e proprio e Hank è un rifiuto della società, un inetto a vivere che però sfrutta le tracce del passaggio dei suoi simili per costruire una realtà tutta sua, modellandola grazie al suo amico multiuso che si presta come pietra focaia, mazzafionda, rampino, doccia e fontanella. Un film che, nel XXI secolo, andrebbe premiato solo per il coraggio, la simpatia e la riflessione che riesce a smuovere nello spettatore. 

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Un dissacrante spunto di riflessione / 26 Dicembre 2016 in Swiss Army Man

Non ho molte parole per descrivere questo film. L’ho trovato geniale, dissacrante, divertente, spiazzante nel trasmettere il suo messaggio che ti metterà inevitabilmente a disagio.
L’unica pecca è che a tratti sembra forzare un po’ troppo la mano – sia per scene che argomenti.
A mio parere è sicuramente un prodotto degno di nota e meritevole del riconoscimento al Sundance come miglior regia

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folle / 22 Dicembre 2016 in Swiss Army Man

film completamente folle e politicamente scorretto, peccato finisca nella lisergica più assoluta ma sa essere gradevole nella sua assurdità!

La selva oscura e la poetica della spazzatura / 14 Ottobre 2016 in Swiss Army Man

Questo primo lungometraggio dei “Daniels” (Dan Kwan, Daniel Scheinert, premiati al Sundance 2016 per la Miglior Regia) è un film spiazzante e difficilmente catalogabile: folle come un film psichedelico giapponese, triviale come una barzelletta da due soldi, creativo come una puntata di Art Attack, Swiss Army Man incuriosisce e, a tratti, diverte senza freni grazie alla buona manipolazione della materia grottesca su cui si basa e che sfiora pericolosamente il vilipendio (di cadavere).

Mischiando le invenzioni “fai-da-te” di fanciullesca memoria di Gondry e atmosfere à la Jonze (oltre che il viaggio in sé, il party nel bosco, in particolare, mi ha ricordato prepotentemente alcune sequenze di Nel paese delle creature selvagge), questo film è il racconto letteralmente assurdo di un’avventura formativa in un bosco, niente di più, niente di meno. Che l’aspra e inquinata selva, poi, sia anche vaga metafora dantesca (e la morte a cui sta per affidarsi lo sfiduciato protagonista, Hank, è, non a caso, di poco più amara), ci sta: Paul Dano interpreta un trentenne insicuro, triste, incline all’autocommiserazione che, ad un passo dal suicidio, scopre di desiderare ardentemente di vivere.
Grazie alla rieducazione del defunto Manny (un ironico Daniel Radcliffe), che non ricorda nulla della propria vita prima della morte (le cui cause risultano assolutamente ignote: stando ad un dettaglio riportato nelle ultime battute del film, forse, è anch’egli un suicida), Hank ne (ri)scopre il gusto, le attrattive, la complessità e la bellezza.

In questo senso, diverte il costante contrasto tra l’abbacinante e varia beltà della Natura che circonda i due compagni di viaggio e l’abbondanza di rifiuti ed elementi antropici che la deturpano: Hank non sembra stupirsene in alcuna maniera e, anzi, usa con fantasia i numerosi segni del passaggio di suoi maleducati simili per apparecchiare le messinscene utili a emozionare Manny e a fornirgli le energie necessarie per attivare i suoi “poteri speciali”. Come un coltellino multiuso (da qui, il titolo del film), il cadavere smemorato offre numerosi servizi “di serie”: flatulenze poderose da sfruttare come propulsori meccanici, denti da usare come rasoi, rigurgiti intestinali da convertire in acqua di fonte, spasmi muscolari più efficaci di una fionda.
Anche Manny è un rifiuto: privo di documenti di identità, approda sulla spiaggia esattamente come il pacchetto di patatine gettato in mare e recuperato da Hank, che, a sua volta, si sente rigettato dal resto della società.
Insomma, una vera e propria poetica del trash, inteso, ovviamente, come spazzatura.

Nel complesso, il risultato è particolarmente originale, degno di interesse, ma parimenti pretenzioso e, forse, nel suo tentativo di essere dissacrante con brio, non è completamente azzeccato in tutti i suoi passaggi, tanto che trovo difficile attribuire un voto al film: il finale che prende in giro gli happy ending, nello specifico, pur rimanendo in linea con il mood della pellicola, mi ha lasciato perplessa.

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