La mia vita da zucchina

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La mia vita da zucchina

Da un romanzo di di Gilles Paris. Zucchina è un bambino di nove anni rimasto orfano. Accolto in una struttura per bambini nella sua stessa condizione, Zucchina dovrà imparare a convivere con i suoi nuovi compagni e, insieme ad essi, crescere e trovare una nuova famiglia.
Stefania ha scritto questa trama

Titolo Originale: Ma vie de courgette
Attori principali: Gaspard Schlatter, Sixtine Murat, Paulin Jaccoud, Michel Vuillermoz, Raul Ribera, Estelle Hennard, Elliot Sanchez, Lou Wick, Brigitte Rosset, Natacha Koutchoumov, Monica Budde, Adrien Barazzone, Véronique Montel, Romane Cretegny, Evelyne Bouvier, Léonard Geneux, Anne-Laure Brasey, Jean-Claude Issenmann, Iannis Jaccoud, Mostra tutti

Regia: Claude Barras
Sceneggiatura/Autore: Céline Sciamma
Colonna sonora: Sophie Hunger
Fotografia: David Toutevoix
Costumi: Christel Grandchamp, Vanessa Riera, Atelier Gran'cri Grandchamp Christel, Atelier Nolita Riera Vanessa
Produttore: Marc Bonny, Armelle Glorennec, Pauline Gygax, Max Karli, Michel Merkt, Kateryna Merkt
Produzione: Francia, Svizzera
Genere: Drammatico, Commedia, Animazione
Durata: 66 minuti

Dove vedere in streaming La mia vita da zucchina

Tenerissimo e commovente / 14 Settembre 2018 in La mia vita da zucchina

Una storia bellissima di drammi e nello stesso tempo di amicizia e amore.
Quando un cartone ti emoziona.
Zucchina è tenerissimo ma come lui anche gli altri componenti dell’orfanotrofio dove lui vive.
Adatto a tutti anche se può sembrare un po’ duro.
Per i più piccolo l’aiuto di un adulto per sostenere le storie drammatiche può essere consigliato.
Ma comunque il messaggio è splendido.
Imperdibile.
VIVA ZUCCHINA!!!
Ad maiora!

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Forza, Zucchina! / 29 Novembre 2016 in La mia vita da zucchina

Dopo i film da regista come Tomboy e Diamante nero in cui ha trattato argomenti analoghi, Céline Sciamma, qui nelle sole vesti di sceneggiatrice (come nel recente Quando hai 17 anni di Téchiné), continua a portare sul grande schermo storie di formazione che hanno per protagonisti bambini e, in questo caso, pre-adolescenti, mostrando i dolori, le scoperte e le contraddizioni che la loro età, inevitabilmente, porta con sé.
Il lungometraggio animato di Claude Barras, basato su un romanzo di Gilles Paris, tocca un tasto dolentissimo come quello della violenza fisica e psicologica sui bambini: Zucchina e i coetanei che condividono con lui l’esperienza della casa-famiglia in cui si trasferisce dopo la drammatica morte della madre sono tutti vittime di abusi, di conseguenti abbandoni o di allontanamenti forzosi e ciascuno di essi porta sul corpo e, soprattutto, nel cuore evidenti cicatrici mal rattoppate.

A fronte di (necessari) stereotipi ed accomodamenti utili ai soli fini narrativi, il film di Barras possiede il giusto senso della realtà e un felice tocco, concreto eppure lieve.
Il risultato è una favola contemporanea in cui non esistono solo buoni (il poliziotto, la direttrice e gli educatori dell’istituto) e cattivi (la zia di Camille), ma, principalmente, vittime e carnefici: essenzialmente, ci sono bimbi sottomessi alla follia, all’inadeguatezza, all’egoismo di adulti incapaci di essere tali o inadeguati (per svariati motivi) ad assicurare alla propria prole l’imprescindibile tranquillità materiale ed emotiva che gli spetta per affrontare il mondo.
La sequenza finale, in cui i bambini protagonisti del film enunciano i fantasiosi motivi per cui un genitore potrebbe “rifiutare” di trattare dignitosamente un figlio (per esempio, perché non ricorda il suo nome o perché gli puzzano i piedi), rappresenta l’acme emotivo della storia, poiché suggerisce con apparente levità quali sono i “pretesti” che, in un ambiente famigliare corrotto, condannano un bambino ad essere sopraffatto dalla violenza (fisica e/o verbale) e a vivere senza l’amore di chi dovrebbe fornirglielo incondizionatamente.

L’uso dell’animazione in stop motion e della (felice) stilizzazione dei personaggi è un éscamotage tecnico e narrativo particolarmente azzeccato, perché riesce ad astrarre la vicenda nella giusta misura, evitando la crudezza che potrebbe derivare dall’uso di attori in carne ed ossa, mantenendo comunque alto il grado di realismo della storia.

La mia vita da zucchina è un racconto gioioso e malinconico, sa ferire e consolare, vive di naturali contraddizioni ed è per questo che, con la sua grazia dolorosa, è un film particolarmente riuscito.

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