L'uomo che verrà

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L'uomo che verrà

Emilia Romagna, 1944. Tra il 28 e il 29 settembre, i nazisti occupano le campagne intorno al paesino di Marzabotto e si preparano a compiere un'efferata strage. Tra gli abitanti delle campagne rastrellate, c'è anche Martina, una bambina di otto anni che, traumatizzata dalla morte di un fratellino in fasce, non parla da diverso tempo.
Stefania ha scritto questa trama

Titolo Originale: L'uomo che verrà
Attori principali: Alba Rohrwacher, Greta Zuccheri Montanari, Maria Grazia Naldi, Eleonora Mazzoni, Maya Sansa, Claudio Casadio, Vito, Orfeo Orlando, Diego Pagotto, Bernardo Bolognesi, Stefano Croci, Zoello Gilli, Timo Jacobs, Francesco Modugno, Laura Pizzirani, Paolo Bacchi, Mostra tutti

Regia: Giorgio Diritti
Sceneggiatura/Autore: Giorgio Diritti, Giovanni Galavotti
Produzione: Italia
Genere: Drammatico, Storia
Durata: 115 minuti

Dove vedere in streaming L'uomo che verrà

Il cinema italiano non è morto, è solo ignorato. / 22 Marzo 2017 in L'uomo che verrà

Ennesima perla del cinema italiano che non si incula nessuno perchè non è americano e neppure Checco Zalone.

L’invasione tedesca nella Seconda Guerra Mondiale attraverso gli occhi di una bambina.
Girato in dialetto romagnolo con sottotitoli in italiano, il che immerge subito lo spettatore nell’ambiente rurale della campagna.
Molto intense le scene di sterminio.

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La Resistenza mite / 1 Febbraio 2017 in L'uomo che verrà

Un film delicato e pungente, abbastanza dimenticato, piccolo e fragile come il pargolo della storia, l’orfanello rinato dalle ceneri dell’Italia nazifascista; l’uomo che verrà, appunto. La storia di Martina è quella di una bimba che ha smesso di parlare da quando il suo fratellino è morto, rappresentando con viva efficacia il popolo italiano ammutolito e depredato dalla nera morte della croce uncinata. Il film riporta alla luce l’eccidio di Monte Sole che con quello di Marzabotto rappresenta una delle pagine più tragiche della storia dell’Italia post 8 settembre ’43. Giorgio Diritti attinge alla tradizione cinematografica olmiana, quella del dialetto, delle stalle e dei paesini, della semplicità e durezza rurale, accompagnando la storia con le note leggere eppure cariche di vibrante dolore di Marco Biscarini e Daniele Furlati, e catturando la luce fredda di boschi e vallate emiliane con la splendida fotografia di Roberto Cimatti. Stupenda celebrazione della Resistenza mite italiana, quella fatta da gente semplice che non imbraccia le armi ma continua a vivere e generare coraggiosamente anche quando i venti della Storia minacciano tempesta.

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29 Agosto 2012 in L'uomo che verrà

Il regista è riuscito a fare un film poetico e delicato pur trattando di avvenimenti tra i più crudi che ci possano essere: l’eccidio nazista contro civili inermi a Marzabotto. Dal punto di vista documentaristico l’autore lascia parecchi cenni e sottintesi che ho capito solo grazie al fatto di aver visitato quei luoghi e di averne studiato un po’ le vicende. Tuttavia il messaggio della vita nonostante la barbarie c’è tutto.

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14 Agosto 2012 in L'uomo che verrà

Ogni mia parola è inutile perché questo film è stato già brillantemente recensito. Sono contenta di averlo visto e di aver avuto occasione di approfondire il tema del film ma soprattutto di poter dire che anche in Italia ci sono film che vale la pena di guardare!

Necessario / 21 Ottobre 2011 in L'uomo che verrà

Film molto bello, ben girato, con una ottima fotografia. Davvero una perla rara nel sempre più desolante panorama del cinema italiano.
Ma, quando in un film si vuole ad ogni costo evidenziare il messaggio (in questo caso importante, necessario soprattutto in questi tempi di oltraggioso revisionismo), il rischio è di cadere nel bozzettismo, nel didascalismo, nella retorica spicciola, nel manierismo. Difetti che il regista è riuscito in buona parte, con grande maestria, ad evitare, ma non è probabilmente stato capace di eludere l’altro rischio che incombe su film siffatti: lo scollamento della trama che, dovendosi plasmare, piegare al superiore assioma, può risultare artificiosa, spesso carica di simbolismi, troppo cerebrale.
Ed è proprio questo il caso della storia della bambina protagonista, Martina, che ha smesso di parlare dopo la morte prematura del fratellino e che, nell’Italia arcaica e contadina del tempo, è vista con sospetto dai ragazzini del villaggio, Una storia molto bella (che avrebbe meritato un film a parte) ma che ci “azzecca” poco con il resto della trama, dà l’impressione di essere stata incollata ad arte, facendo perdere al film la genuinità necessaria.

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