L’argent: / 29 Maggio 2018 in L'argent

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

” Ho ritrovato il suono che ho tanto amato in Bresson ma questa volta mi ha colpito di più, perché c’erano meno parole del solito, ogni volta che arrivavano mi procuravano uno choc, prima di tutto sono musicista, quindi ho amato il film come un musicista, ho amato i silenzi che danno più valore ai rumori e i rumori che apportano la musica e la musica che dà la parola alla parola.”
François Reichenbach a proposito di L’argent di Bresson.

È un film implacabile, tratto da un racconto di Tolstoj “Denaro falso” ma che ancora una volta mi sembra una storia tutta impregnata dallo spirito di Dostoievskij. Presenta in questo film praticamente un Mouchette, in un certo qual modo questo Ivon Targe, il protagonista del film, sarà vittima di un micidiale ingranaggio e avrà altra possibilità alla fine di girare questa violenza contro altrui. È la prima volta che si passa all’omicidio in un modo così violento, così radicale, Jeanne D’arc è uccisa e sacrificata ma che un personaggio di Bresson brandisca un’ascia verso una donna, con la quale ha stabilito un autentico legame d’amore è qualcosa di profondamente sconvolgente.
Il film inizia con la manipolazione del denaro, il denaro “questo Dio visibile” (come gli dice il suo compagno di prigione in cella), è l’incarnazione del male assoluto secondo Bresson. Ci sono diverse piste, diversi modi di leggere questa opera, non posso fare a meno di notare, per esempio, che Bresson presenta un figlio di un borghese, tipico del sedicesimo arrondissement, perfettamente incosciente, il quale cerca di piazzare una banconota falsa, e chi sarà la vittima? è l’operaio. Un’altra cosa che mi colpisce è che si può scorgere una metafora dell’AIDS; purtroppo a quei tempi quando il film uscì, la terribile malattia era già apparsa e cominciava a seminare il male, in effetti la banconota ha qualcosa di virale e chiunque tocchi questo biglietto è contagiato e in un modo o nell’altro sarà sprofondato, inabissato, tutti i personaggi perdono la loro anima per colpa del denaro: falsa testimonianza, menzogna, corruzione, collisione…
È un film, da come la vedo io che ci mette in stretto contatto con lo spavento, ci sono delle immagini attraverso le quali ricordiamo la vita dell’autore…la scrematrice che scivola nella mensa della prigione e il rumore con cui quest’ultima produce quando urta il muro è notevole, la lampada ad olio nella casa con il cane che circola smarrito nel momento dell’assassinio nella casa (un essere puro e innocente che guarda lo scempio del mondo e che si chiede il perché di tanta distruzione) , l’inquadratura dell’ascia brandita e la lampada che cade con il sangue nel muro… non vediamo niente del delitto, neanche gli albergatori nell’omicidio precedente, ancora una volta, come in tutti i suoi film preferisce girare solo una parte per descrivere il tutto ma lo spavento prevale, è il protagonista della pellicola. In questo film forse Yvon Targe non uccide la donna come Raskolnikov in Delitto e castigo uccideva la padrona di casa? C’era un sentimento di superiorità nel protagonista? Forse no ma certamente un orgoglio immenso, come in tutti i personaggi di Bresson è un orgoglioso, e infatti preferirà condannarsi piuttosto che piegarsi .Yvon Targe ne L’argent non si uccide ma uccide e sarà l’ultimo film di Bresson. Dopo la moltiplicazione, la reiterazione di questo leitmotiv suicidario e mortifero in quasi tutta l’opera si finisce per uccidere l’altro, l’altro che non ci ha compreso, non ci ha accolto, che non ha fatto in modo che il mondo fosse sopportabile. Devo dire che tutto ciò è davvero scioccante.
Nell’ultima inquadratura dell’opera di Bresson vediamo della gente che dopo aver visto l’uomo accusarsi degli omicidi commessi vede attraverso una porta il vuoto…

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