25 Settembre 2013 in L'arbitro

Sarà il bianco e nero, sarà il sardo sottotitolato per i continentali, ma davvero non capisco perché questo film non riesca a ripetere l’exploit di Basilicata coast to coast, eppure qui c’è una regia nonché una grande fotografia.
L’ho trovato piacevole, brillante in più punti, capace di coniugare commedia, virata in farsa, a un sottotesto più serio che non nuoce, ma puntella due storie che si svolgono in parallelo fino ad incrociarsi.
Se da un lato la parte sarda racconta il campanilismo esacerbato da venature di scontro di classe (non c’è solo una sana competizione calcistica fra i due paesucoli, ma gli uni sono i ricchi, gli altri i poveri), la fede calcistica (sono fortemente convinta dell’aspetto ritualistico religioso del calcio almeno in italia e Zucca vi calca molto la mano, subito Urgu, l’allenatore cieco, è inquadrato con una sorta di aureola), il matriarcato, il sangue e la sua crudezza nella regolazione dei rapporti, l’aspetto mitico di certa parte della vita isolana ancora regolata da riti arcaici (nei due inserti dei cugini che chiedono udienza al vecchio in cima alla montagna mi è sembrato di vedere una rielaborazione dell’andata all’oracolo per conoscere la verità, in cui il vecchio incarna onniscienza e saggezza, data dall’età, non per nulla si esprime con una oscurità largamente condita di silenzi che va interpretata), dall’altro la parte continentale/internazionale vede il tentativo di realizzazione di una aspirazione individuale, arbitrare una finale internazionale, all’interno di un meccanismo più grande, più macchinoso e pieno di compromessi, difficile da governare, in cui il calcio non è per nulla espressione di agonismo e appartenenza, ma calcolo economico.
La fotografia è bellissima, pulita, nitida, abbagliante, ci sono almeno un paio di controluce indimenticabili, la regia spazia tra citazioni giganteggianti dei calciatori come duellanti dei migliori spaghetti western, a riprese di ampio respiro dell’entroterra sardo che palpita dello scontro fra le due fazioni/squadre/paesi. Ottima la scelta di tutte le ambientazioni, la parte sarda è quasi sempre ariosa e piena di spazi aperti, la parte dell’arbitro internazionale lo vede aggirarsi sempre in luoghi chiusi, spazi angusti, camere, corridoi, quasi fosse chiaro sin da subito che la sua è una dimensione da costretto/recluso
Da ricordare, l’ultima cena di Leonardo ricostruita fin nei più piccoli particolari con l’allenatore cieco al centro (probabilmente Zucca avrà voluto citare Pasolini e il suo banchetto di nozze d’apertura in Mamma Roma); il rimando netto ad Amarcord con l’innamorato che sale sull’albero e non vuole scendere più.

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