A proposito di Davis

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A proposito di Davis

New York, 1961. Llewyn Davis, giovane musicista, ha grosse difficoltà economiche e si sposta da una casa all'altra degli amici disposti ad aiutarlo. Il film si ispira alla vita di Dave Van Ronk, cantautore folk statunitense, attivo negli anni Sessanta e figura carismatica nel Greenwich Village di NYC.
Stefania ha scritto questa trama

Titolo Originale: Inside Llewyn Davis
Attori principali: Oscar Isaac, Carey Mulligan, Justin Timberlake, Ethan Phillips, Robin Bartlett, Max Casella, Jerry Grayson, Jeanine Serralles, Adam Driver, Stark Sands, John Goodman, Garrett Hedlund, Alex Karpovsky, Helen Hong, Bradley Mott, Michael Rosner, Bonnie Rose, Jack O'Connell, Ricardo Cordero, Sylvia Kauders, Ian Jarvis, Diane Findlay, Ian Blackman, Steve Routman, Susan Blommaert, Amelia McClain, James Colby, Charlotte Booker, Mike Houston, Sam Haft, F. Murray Abraham, Jason Shelton, Frank Ridley, John Ahlin, Jake Ryan, Declan Bennett, Erik Hayden, Daniel Everidge, Jeff Takacs, Nancy Blake, Stephen Payne, Roberto Lopez, Benjamin Pike, Marcus Mumford, Mostra tutti

Regia: Joel CoenEthan Coen
Sceneggiatura/Autore: Ethan Coen, Joel Coen
Fotografia: Bruno Delbonnel
Costumi: Mary Zophres, Nancy Au
Produttore: Ethan Coen, Joel Coen, Scott Rudin, Robert Graf, Ron Halpern, Olivier Courson
Produzione: Usa, Francia, Gran Bretagna
Genere: Drammatico, Musica
Durata: 104 minuti

Dove vedere in streaming A proposito di Davis

Gatto e chitarra / 20 Gennaio 2017 in A proposito di Davis

E con questo ho visto tutti i film dei Coen, eclettica coppia dal cinema intelligente e particolarmente curato, forse il miglior compromesso contemporaneo tra la produzione mainstream e il cosiddetto cinema d’autore.
Inside Llewyn Davis è un bel viaggio nel mondo della musica folk americana attraverso la storia di un giovane irrisolto e senza radici nel suo peregrinare in cerca di una chimerica realizzazione. Ottima prova di Oscar Isaac, l’uomo giusto che i Coen hanno atteso lungamente prima di poter finalmente realizzare un film dove il protagonista fosse in grado di recitare, cantare e suonare a livello professionistico. Molto carina l’ idea del gatto (Ulisse) che riesce a ritrovare la strada di casa, contraltare del protagonista che gira invece a vuoto. Immancabile la presenza del grande John Goodman, come al solito nei panni di un personaggio caricaturale sebbene stavolta in un ruolino di appendice.

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La vita è un tornare sui propri passi / 14 Giugno 2014 in A proposito di Davis

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

E’ un film atipico questo Inside Llewyn Davis, ultima fatica dei fratelli Coen. Atipico perché diverso in tanti aspetti se confrontato con gli schemi a cui ci hanno abituato i due registi americani.
Il protagonista è un personaggio dal futuro incerto, e con un rapporto travagliato con il suo talento. Llewyn è un cantante e chitarrista di musica folk, che nonostante ci venga mostrato mentre si esibisce umilmente su un piccolo palco, brama la gloria. Ma non come pensate voi. Non si tratta di un criminale senza scrupoli o di una canaglia. Egli è il più classico dei sognatori ed il suo pensiero è puro: vuole vedere la sua passione trasformata in lavoro e per ottenerlo non accetta compromessi di sorta. Per questo appare in alcuni tratti arrogante, perché questo personaggio è testardamente pretenzioso, vuole fare quello a cui tiene di più nel modo in cui desidera. Il peregrinare, l’insistere, il provare risulterà alla fine di tutto un viaggio a vuoto, che non porta da nessun’altra parte se non al punto di partenza (il finale-incipit). Si può solo sperare che, provandoci di nuovo, il risultato possa cambiare. E i Coen forse ci dicono di sì. La sequenza finale è perfettamente uguale a quella dell’incipit, tranne che per alcuni elementi. Il gatto rosso, che con la sua fuga iniziale aveva costretto Llewyn a inseguirlo, muovendo i primi fili della storia, questa volta non oltrepassa la porta. Un po’ come a dire “Forse stavolta non andrà come prima. Forse stavolta sarà tutto diverso, chissà”.
Questa pellicola non colpisce come le altre della coppia perché è assente quella fatalità semi-surreale che ha sempre caratterizzato le sceneggiature dei Coen, con alcuni elementi ridondanti (un’arma da fuoco, un cadavere, un evento talmente fortuito da apparire quasi impossibile). Ad esclusione del protagonista (seppur non eccelso, bravo Oscar Isaac), i personaggi sono lontani dagli originali modelli coeniani, risultando tutti un po’ anonimi e poco coinvolti nella vicenda generale, relegati più che altro a comparsate di breve durata. Sono elementi importanti che mancano alla pellicola e pesano. Non possono essere bilanciati dalla colonna sonora o dalla fotografia (per quanto positivi).
Rimane un film sulla parabola umana del voler prendere in mano la propria vita e trasformarla in un successo. Non tremendo a parer mio, ma meno incisivo e soprattutto più povero di quei grandi elementi che hanno sempre caratterizzato i lavori di questi due artisti e troppo lontano da quei canoni che mi hanno permesso di apprezzarli appieno.

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22 Aprile 2014 in A proposito di Davis

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

C’é questo sfigato con gli occhi da perdente e una chitarra, a New York, che canta il folk nei locali; e non ha una vita vera, ma nemmeno una finta, fa il tour dei divani di chiunque, perde i gatti di chi lo ospita, mette incinta le amiche, vuole altro da quel che ha, vuole ma non vuole farcela, lascia perdere. Amarezzità, come minimo. E intanto compie una specie di ennesima (per i Coen) Odissea, dentro se stesso e attraverso gli specchi dei personaggi che incrocia, e il riflesso risultantene, inseguendo un successo simile all’orizzonte. Grandioso attore è il gatto, indeed, si può dire sulle orme del cane di The artist; non si perdona la presenza di Justin Timberlake (cosa mai dovrà fare Justin Timberlake per farsi perdonare il fatto di essere Justin Timberlake?), si perdona e idolatreggia al solito quella di John Goodman, immobile e grasso sul retro della nave a ruote che sballottola il nostro Llewyn nel mare di quel che non trova. Un curioso falso loop di chiusura, infine, lascia momentaneamente imparpagliati e spersi, dando alla storia il senso di un ciclo che ciclo non è, e la lotta per qualcosa che scopo non è.

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Se non c’è una fine, manca il fine. / 30 Marzo 2014 in A proposito di Davis

Nella Metafisica dei costumi Kant distingueva tra “il prezzo di una cosa”, che è un valore relativo, e il “valore assoluto”, interno, o “dignità”, che spetta soltanto all’uomo in quanto persona esistente come fine in sé e mai come mezzo. Ma nella società del denaro tutto acquista un prezzo, e quindi anche l’uomo. Ma non è solo di questo rischio che sembra metterci in guardia la circolare storia di Llewyn Davis, quanto piuttosto quel nichilismo, quella perdita di ogni ricerca di senso che questo scenario, non tendendo a nessuno scopo se non all’autopotenziamento, dischiude. Che cos’è bello, giusto, vero e,in questo caso, cos’ è meritevole di essere ascoltato, sono tutti valori subordinati a cos’è utile, cos’è vantaggioso, dove la misura è il denaro, che, da mezzo per produrre mezzi e soddisfare bisogni, è diventato “il fine”, in vista del quale si producono beni e si soddisfano bisogni. L’espressione in questo caso non è del tutto appropriata. Il denaro infatti più che “elevarsi” a fine, ha “deposto” ogni fine. Di esso si può dire, proprio come l’andamento di questo film, che “il movimento è tutto, il fine è il nulla”. Nel suo movimento nessun oggetto riesce a valere per se stesso, ma acquista o perde valore nel processo. È noto che produzione e consumo sono due aspetti di un medesimo processo, dove decisivo è il carattere “circolare” del processo. Ma non è l’unico “circolo vizioso”. Di parallelo anche le vite di quelle persone che non riescono a rientrare tra l’inizio e la fine di queste catene di produzione, sono diventate dei circoli viziosi senza una fine. L’individuo è vittima di una diffusa mancanza di prospettive di progetti, se non addirittura di sensi e di legami affettivi. Così ci viene presentata la vita di Llewyn Davis: come un disegno di Escher dove, salendo o scendendo lungo i gradini di un sistema gerarchico, si ritorna inaspettatamente al punto di partenza.

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That’s Folk… / 24 Marzo 2014 in A proposito di Davis

Llewyn Davis è un musicista newyorkese che tenta il mondo della sua musica con evidenti scarsi risultati.
La sfortuna lo perseguita ma anche le sue colpe sono notevoli.
Il problema è che il mondo non è ancora pronto per la sua musica. Lo sarà a breve con il grande Bob Dylan ma per ora solo fallimenti.
Le musiche sono notevoli, il gatto FAVOLOSO, e anche lui è decisamente bravo.
Però…. manca quanche cosa…
Sembra incompleto, come se dovesse scattare qualche cosa ma non accade mai.
Non posso di certo dire che sia brutto ma consigliarlo non credo.
E’ uno di quei film che scorre ma ti lascia interdetto.
FATE VOBIS…
Ad maiora!

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