Una vita tranquilla / 10 Settembre 2013 in Cha no aji

Nelle pigre ore pomeridiane gli alberi proiettano ombre corte, dal cielo viene una luce asciutta, e tutto smuore in un languido torpore. Il luogo sembra oppresso da un totale silenzio, rotto solo ogni tanto dal fruscio lieve di una brezza tra le fronde degli alberi.
Sachiko, imbronciata, guarda con risentimento la copia gigante di se stessa che è apparsa dietro la collinetta. Da tempo cerca il modo per farla scomparire, non è bello sentirsi sempre osservata! Però fa finta di niente e concentra la sua attenzione sul fratello Hajime. Perché mai sembra guardare il nulla? Sembra ipnotizzato. Deve essere ancora innamorato. È sempre innamorato!
Hajime non si accorge dello sguardo concentrato e un po’ schifato della sorella, tutta tesa nello sforzo di leggergli i pensieri, e osserva meravigliato la danza scomposta, surreale di nonno Akira. È uno spettacolo: fa dei gesti strani, ogni tanto solleva una gamba, ogni tanto schiocca le dita. Sembra un piviere alieno, un uomo uccello non di questo mondo. Starà provando la coreografia per la sua stupida canzoncina: Yama yo. Domani dovrà registrarla. Non pensa ad altro. Nella sua testa deve ronzare uno sciame di pensieri contraddittori, ma, nonostante tutto, sembra colmo di riconoscenza e affetto per il mondo. E sorride.

Un film lieve lieve, colorato, eccentrico. Può ricordare i film della Ogigami. Unico difetto: un po’ lungo (143 m.), una sforbiciatina non avrebbe nuociuto
qui la colonna sonora.

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