Re della terra selvaggia

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Re della terra selvaggia

In una povera comunità fuori dal mondo, il padre della piccola Hushpuppy si ammala. Proprio in concomitanza con una terribile alluvione che distrugge le palafitte in cui vivono amici e conoscenti, la sua malattia inizia a peggiorare. L'arrivo dei soccorsi segnerà una svolta per Hushpuppy, che dovrà abbandonare il padre, ricoverato d'urgenza in ospedale. Da allora, a sua vita verrà letta dai posteri sotto una luce particolare.
Stefania ha scritto questa trama

Titolo Originale: Beasts of the Southern Wild
Attori principali: Quvenzhané Wallis, Dwight Henry, Levy Easterly, Gina Montana, Lowell Landes, Pamela Harper, Amber Henry, Jonshel Alexander, Nicholas Clark, Joseph Brown, Henry D. Coleman, Kaliana Brower, Phillip Lawrence, Hannah Holby, Jimmy Lee Moore, Jovan Hathaway, Mostra tutti

Regia: Benh Zeitlin
Sceneggiatura/Autore: Benh Zeitlin, Lucy Alibar
Colonna sonora: Benh Zeitlin, Dan Romer
Fotografia: Ben Richardson
Costumi: Stephani Lewis
Produttore: Paul S. Mezey, Michael Gottwald, Dan Janvey, Josh Penn, Philipp Engelhorn, Michael Raisler
Produzione: Usa
Genere: Drammatico, Fantasy, Disaster
Durata: 93 minuti

Dove vedere in streaming Re della terra selvaggia

Il voto sarebbe un 6.5 / 7 Luglio 2014 in Re della terra selvaggia

Film drammatico candidato a 4 premi oscar.
Hushpuppy è una bambina di 6 anni che vive insieme al padre nel sud della Louisiana, in una comunità bayou
(la zona è denominata La grande vasca). Il padre alterna momenti di severità ad altri più affettuosi; quando si ammalerà,
la bambina dovrà crescere in fretta per cercare di sopravvivere in quel posto selvaggio.
Il film alterna momenti simpatici e divertenti, con la piccola Hushpuppy protagonista, ad altri più drammatici su uno sfondo
particolare come la Louisiana tormentata da uragani. Alcune belle scene della natura, però il film ha anche qualche momento decisamente più statico (quasi di noia). Discreto film che merita comunque la visione.

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Tanto rumore per nulla / 26 Maggio 2014 in Re della terra selvaggia

Sinceramente l’attrice è stata bravissima ( la Wallis sicuramente farà strada) ma la storia intera e il film in se sono davvero molto poveri e poco interessanti, la cosa che mi ha attratto di più paradossalmente è stato il bue preistorico e sono subito corso a vedere se esistesse ancora ( po-po-pollo) ma il resto mi è scivolato addosso, persino il rapporto travagliato del padre con la figlia e la sua severità mi sono sembrati piuttosto deludenti. Più che genialità ci ho visto banalità.

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5 Settembre 2013 in Re della terra selvaggia

Probabilmente senza l’interpretazione commovente e sincera di Quvenzhané Wallis il film non avrebbe ottenuto questo straripante consenso di critica e neppure le 4 candidature all’oscar. Quvenzhané Wallis è stata splendida, non c’è dubbio ma oggi come oggi una nomination giovane fa parlare e, quindi fa pubblicità, cosa della quale c’è sempre bisogno. La regia di Benh Zeitlin per certi versi assomiglia a quella di Greengrass (macchina sempre in movimento) e si avvicina ai protagonisti come se fosse parte del gruppo di persone che abitano la vasca.
La trama sembra interessante perchè mescola l’elemento favolistico, l’attualità e la cronaca e anche il romanzo di formazione. Troppo? Forse si, visto che in un paio di passaggi l’intreccio rivela la sua fragilità ma da un punto di vista complessivo rende: ci sono un papà affettuoso e, al contempo, severo (come in molti branchi naturali), i riferimenti al collasso del nostro sistema naturale e anche alle catastrofi che l’uomo stesso ha provocato e a cui non sa porre rimedio (oltre la vasca c’è la civiltà ma appare inetta, se non egoista), ci sono anche le creature mtitoloogiche che rappresentano le difficoltà della vita.
La metafora di Hushpuppy è quella della vita di ognuno di noi, travagliata da insidie che sembrano inaffrontabili. Nel film si vuole riproporre un sistema arcaico, primordiale e feroce ma facendolo si ribadisce che il modo di vivere moderno sia quasi più feroce e che richieda di maturare presto e in fretta.
Da un punto di vista dei significati è un buon film ma non ha nulla di nuovo e veramente originale e non poteva essere la rivelazione dell’ultima edizione degli oscar (che comunque ha lasciato fuori l’unico film che meritava un riconoscimento). E’ carino ma anche astuto..ripensandoci a posteriori perde molto del suo fascino

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28 Agosto 2013 in Re della terra selvaggia

“So di essere un piccolo pezzo di un grande, grande universo, perfettamente incastrato nel resto…
L’intero universo è fatto di tanti piccoli pezzi incastrati insieme. Se un pezzetto si rompe, anche il più piccolo, l’intero universo cade in pezzi…”

“Beasts of the southern wild”, lungometraggio d’esordio (ripeto: D’ESORDIO!!) di Benh Zeitlin, uscito quest’anno al cinema, dopo aver trionfato al Sundance film Festival, aver vinto la Camera d’or a Cannes nella categoria “Un Certain Regard” (ed essersi guadagnato anche diverse nomination agli oscar), è l’ennesima dimostrazione di come anche con un budget ridotto ed attori non professionisti è possibile creare un’opera di innegabile bellezza.

Il film che si configura come un “romanzo di formazione”, in pratica è la storia di Hushpuppy, una bambina afroamericana di 6 anni che vive in piena povertà in una zona della Lousiana che sta per essere inondata, chiamata la “Grande Vasca” insieme al padre malato e morente. La sua è una lotta per la sopravvivenza, una continua ricerca di un modo per cavarsela da sola in un mondo sempre più ostile. Hushpuppy non può permettersi di restare indifesa, deve crescere al più presto, diventare velocemente adulta.

L’inizio del film è da favola. Anzi, da brividi. Sin dai primi frangenti è una meraviglia per gli occhi e per l’anima, ma è il solo il buongiorno che si vede al mattino di una pellicola che sarà eccezionale per tutti i suoi 90′ di durata. Le primi immagini ci proiettano subito in un altro mondo (sembra l’Africa centrale ed invece siamo nel profondo sud degli Stati Uniti, sul delta del Mississippi in Louisiana)… e così accompagnati dai monologhi fuori campo della piccola protagonista e dal rumore dei battiti del cuore degli animali che Hushpuppy ama ascoltare, iniziamo il nostro viaggio che ci porterà a intimo contatto con la natura e con un’umanità che, pur vivendo emarginata, è costretta a conservare la speranza per continuare a lottare per la vita. Se non bastasse, presto si passa dalla dimensione realistica a quella mitologica, quasi onirica… dal nulla entriamo nell’immaginazione della piccola e così compaiono i ghiacciai che si sciolgono e bestie feroci che marciano… e si resta indifesi, ma stupefatti.

Centrale, ovviamente, è il rapporto padre-figlia, sviscerato in tutti i suoi lati positivi e negativi. Hushpuppy cresce seguendo gli insegnamenti del papà, ma anche trovando la forza talvolta di fare di testa sua. Tra i due protagonisti, però, non c’è mai una scena banale.

E comprensibilmente, in un film del genere non manca la malinconia, ma non è di quella angosciante, straziante… al contrario, è una malinconia che fa solo da sottofondo al nostro percorso all’interno del film, che Behn Zeitlin ci trascina a compiere, insieme alla protagonista: una sorta di viaggio spirituale, al termine del quale non possiamo non sentirci in qualche modo arricchiti.

Per tutto il film siamo in mezzo agli alberi ed alla miseria, all’acqua e alla sofferenza fisica, alla sporcizia e alla fame, al fango e alle lacrime, a baracche di legno e vecchi indumenti sgualciti… Ed il bello è che i ricchi Stati Uniti d’America sono soltanto a poche miglia di distanza, al di là del cemento della diga. Sembra quasi impossibile… Ma il regista non calca la mano. La sua telecamera, spesso all’altezza degli occhi della bambina, si limita ad esplorare quei luoghi, in maniera quasi timida come se non volesse disturbare, se in qualche modo avesse paura. Si limita a raccontarci le emozioni per immagini… (e sapete bene che è proprio quello che prediligo in un film).

Alcune sequenze sono da ‘pelle d’oca’: in primis quella dell’uragano, dove la forza distruttiva della natura sia schianta sul riparo in legno dei protagonisti. Le sensazioni si mischiano: c’è il timore negli occhi della bambina, c’è la quasi follia del padre che si mette a sparare al cielo gridando contro la natura ed ancora una volta ci ritroviamo persi un’altra dimensione con l’improvvisa comparsa delle zanne di una creatura preistorica. Quando riapriamo gli occhi, tutto è allagato…e ai due protagonisti non resta che una barca come abitazione… (solo per citare una delle scene più emozionanti)…ma quella non è la fine. Niente è perduto, bisogna soltanto farsi forza, stringere i denti, gridare e ripartire con una forza vitale ancora più grande. Dopo quell’uragano si assiste così progressivamente al risorgere di una comunità, che non ha certo intenzione di arrendersi e smettere di vivere. E quell’energia, nelle feste, nei canti degli ubriachi, finisce per contagiarsi, rendendo il coinvolgimento spettatore-film sempre più potente.

Da brividi anche le sequenze dedicate a quella madre che vive soltanto nel ricordo del padre e nell’immaginazione della piccola. Quando compare sullo schermo, la mamma, sempre inquadrata di schiena, senza mostrarne il volto, dona inevitabilmente luce alle immagini…

E’ un film che prosegue sui binari del ciclo della natura, senza risparmiarci la malattia o la morte, ma mostrandoci la vita in tutte le sue più disparate forme, senza nasconderci la disperazione, ma trasmettendo al contempo un immenso messaggio di speranza…
Una bella fiaba contemporanea che sa come aprirti il torace e stringerti in cuore…

Così, senza svelare nient’altro della trama, dico solo che una volta giunti ai titoli di coda non si può che applaudire il trentenne Benh Zeitlin, perché in questa pellicola non c’è quasi niente di sbagliato. Storia originale e coinvolgente, sceneggiatura impeccabile, fotografia di grande livello, colonna sonora perfetta capace di suscitare le giuste emozioni al momento giusto! Non resta che chiederci quale dannato gioco di prestigio sia riuscito a compiere il regista, per donare all’opera un’atmosfera così magica, senza costosi effetti speciali.

E’ certo che di talento ne ha da vendere e da lui non possiamo che aspettarci grandi cose in futuro. Ma non deve lasciarsi intrappolare da Hollywood dopo questo inaspettato successo e le nomination agli oscars…
In ogni caso, per ora possiamo soltanto ringraziarlo per un film così.

Consiglio: guardatelo in lingua originale con i sottotitoli per un’ immersione più completa.

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22 Agosto 2013 in Re della terra selvaggia

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Hushpuppy è questa bambina nera che vive con il padre ancora più nero (con una splendida pronuncia da ghetto) di lei in questo mondo fatto di pattumiera, ruggine e acqua. Che è la Louisiana, reminiscenze gorgoglianti dell’alluvione di Nuova Orleans. Il padre, Wink, è molto picio, molto malato, molto ubriaco, e per mangiare le butta il pollo per terra da dividere col cane (tra i più brutti cani evva, tra l’altro); insieme vivono nelle catapecchie di lamiera accendendo i fornelli col lanciafiamme. Intorno a loro sta una comunità unita e trasandata di freaks da horror anni ‘80, quelli della “vasca”, la vasca è un posto che si allaga ogni volta che c’è un diluvio universale, mentre sullo sfondo un muro divide la vasca dai ricchi, quasi mai in campo, quelli sulla terra asciutta. Separazione, fisica e sociale, in parte razziale.
Il tornado, e le sue conseguenze, è il nemico da affrontare, visto attraverso gli occhi della cazzuta bimbetta: la crescita, l’abbandono della figura paterna che già era l’unica rimasta (e per quanto fosse matto che schiattasse a lei conveniva solo), la mancanza di quella materna, che rivede in una prostituta del fiume. Tutto ciò, lo spavento tutto insieme unito alla rabbia per l’impotenza dell’essere piccina picciò, so raggruma e prende corpo nella ricorsa di enormi bestioni facoceriformi, ma proprio grossi eh, verso Hush, e lei li teme (giustamente) e alla fine capisce che invece non deve e il papà muore e viene messo il suo cadavere in una barca a fuoco nella vasca e siamo cresciuti e ciao.
Detto della bravura della protagonista, sgangherata è la trama e i personaggi, iniziale marcia simil-ambientalista, una ridda di ubriachi che forse se si mandassero dei teknoravers farebbero più bella figura. E non so, non so perché mi lascia un poco l’impressione che mi lasciò Precious, di un film che ci marcia, sul pietismo e sullo schifo, sul mostrare il disagio e poi sfarfallare aggratis il coltello nella piaga, sul mostrare personaggi brutti, sporchi e cattivi (ma nemmeno, stupidi) e contrapporli al musetto infantile di una bimbetta coi capelli a cespuglio. Troppe scene per disgustare il medioman whitecollar americano, alla fine ti vien voglia di dare una spazzata per terra :/ non è la strada, mentre il resto della storia ha toni apocalittico-mitologici da parabola sulla crescita e l’attaccamento alle radici, che originali non sono ma cosa lo è?
Con derive estremiste, tanto che quando un medico ti prende e ti porta in ospedale e tu stai male che fai? Scappi, torni a morire a casa tua.
Eh, sì.
Sì ma anche no :/

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