Il Novecento americano secondo Bakshi / 31 Ottobre 2016 in American Pop

Ben prima di Zemeckis con Forrest Gump, quel diavolaccio di Ralph Bakshi ha attraversato la storia del Novecento degli Stati Uniti a suon di musica con il lungometraggio animato American Pop.
Il risultato è decisamente interessante: non sono una fan del rotoscopio (Bakshi, invece, ne è un devoto), ma l’uso di questa vecchia tecnica di animazione si presta bene a trasformare in fascinose immagini cartoonesche una messinscena smaccatamente à la Broadway, in cui la teatralità delle pose e un’esagerata mimica facciale sono gli elementi essenziali.

Il trait d’union che unisce le quattro generazioni di uomini rappresentati in un arco di tempo di circa 80 anni non è il legame di sangue (tantomeno il cognome, che resta sconosciuto), ma la passione per la musica: dall’immigrato russo scampato ai cosacchi, fino alla rockstar che canta Elvis e le Heart, ma che sembra il figlio illegittimo di Lou Reed e Bowie (e che, nelle vene, sente ancora scorrere gli antichi echi dei salmi yiddish del trisnonno), alternativamente, i 4 protagonisti del film trovano nella musica salvezza e condanna. Ciascuno di loro è dotato di un talento ad essa connesso: Zalmie ha talento per il vaudeville fin da bambino; Benny è un bravissimo pianista (che vorrebbe suonare il jazz); Tony “il dannato” sa farci con i versi (fino a diventare paroliere dei Jefferson Airplane); Pete ha in sé tutte le doti artistiche dei suoi ascendenti e, in più, carisma da vendere.

Attraverso riusciti esperimenti grafici debitori delle tendenze psichedeliche degli anni Sessanta e Settanta, grazie a splendidi fondali architettonici (urbani e interni) disegnati a china e campiti ad acquerello e mediante l’uso di diverse tecniche di rappresentazione che vanno dalla caricatura all’impiego vario di fotografie e filmati d’epoca, Bakshi intesse un vero e proprio racconto per immagini che cita i grandi classici della letteratura americana (da Steinbeck a Hemingway, passando per i beat) ma che non ha praticamente bisogno di parole, se non quelle delle canzoni inserite nella colonna sonora (sia in versione originale, che ben coverizzate per l’occasione): Doors, Mamas and Papas, Gershwin, Cole Porter, Janis Joplin, Louis Prima, Sam Cooke, Hendrix, Dylan… E, infine, cavalcata (magnifica) per una cavalcata, Free Bird dei Lynyrd Skynyrd.

American Pop è, realmente, una vera esperienza sensoriale.

Leggi tutto